Abbiamo letto tante frasi sulla morte di Emmanuel, il giovane nigeriano ucciso a Fermo. Tante, alcune di compassione, altre cattive. Si sta cercando di accertare la dinamica dei fatti. Dichiarazioni, testimonianze… È colpevole o si è difeso? Sembra poco plausibile che Mancini abbia voluto coscientemente togliere la vita ad un altro essere umano. Probabilmente sarà condannato per omicidio preterintenzionale, reato punito dalla legge italiana con una pena da 10 a 18 anni di carcere .
Se la condanna sarà a 10 anni tra cinque sarà libero. E vivrà per il resto della sua vita con il rimorso per quel giorno maledetto in cui è diventato un omicida. Sarà difficile anche per lui dimenticare. Qualunque sia stata la dinamica è certo vi sia stata l’offesa grave alla giovane donna: “scimmia”. Quanti di noi, passeggiando con la moglie o con la propria compagna non avrebbero reagito? Perché l’italiano ha pensato di poter offendere un altra persona, diversa da lui solo per il colore della pelle?!
Forse dovremmo ripensare ai tanti insulti di questi mesi, pronunciati in TV al solo scopo di conquistare quattro voti. Forse – insieme a Mancini – andrebbe condannato anche chi, da tempo, va urlando nelle piazze e in Parlamento, alimentando il clima di odio e proferendo insulti all’indirizzo di altri uomini più sfortunati perché costretti a fuggire da un Paese in guerra o perché affamati. Forse dovremmo restare tutti in silenzio e riflettere sul fatto che la morte di ogni essere umano impoverisce il mondo.
No, Fermo non merita di essere etichettata città razzista. Chi la conosce ha visto tanti studenti di colore frequentare scuole e passeggiare serenamente in città. Che vivono serenamente in città. La Papa Giovanni XXIII di Capodarco di Fermo da oltre 30 anni si occupa dei meno fortunati, amati e aiutati da tante persone. Ed Emmanuel è stato accolto con carità e amore.
Allora una esortazione: si abbassino i toni, si smetta di continuare a proferire insulti sui social. È questo l’atteggiamento che ha causato la morte di Emmanuel, il dolore della vedova e, forse, anche la sofferenza all’altro giovane, oggi in carcere, che dovrà fare i conti prima con lo Stato e poi con la sua coscienza, per sempre.