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Otto anni fa veniva uccisa la giornalista Politkovskaja

“Vorrei fare qualcosa per le altre persone usando il giornalismo”, amava ripetere Anna Politkovskaja, la reporter freddata a colpi di pistola il 7 ottobre di otto anni fa nell’ascensore dell’edificio di Mosca in cui abitava. Accanto al corpo quattro bossoli di pistola, uno l’aveva centrata alla testa.”Dove sono i potenti del Cremlino?” chiedeva Eduard Sagalaiev, uno dei più illustri ‘mezzi busti’ della tv russa, durante la sua orazione funebre.

Il 9 giugno 2014 il terzo processo per l’omicidio della giornalista russa di opposizione si era concluso con dure condanne per tutti gli imputati e due ergastoli. Ma non è ancora stata fatta piena luce sull’omicidio della donna estremamente “scomoda” per il Cremlino, mancano in particolare i mandanti.

Il giudice Pavel Melekhin ha condannato al carcere a vita il presunto killer Rustam Makhmudov e suo zio Lom-Ali Gaitukayev, accusato di essere l’organizzatore del delitto. Entrambi sono ceceni, così come i fratelli di Rustam Makhmudov, Dzhabrail e Ibraghim, indicati come complici per aver pedinato la vittima e avvertito l’assassino del suo arrivo, e che sono stati condannati rispettivamente a 14 e 12 anni di reclusione. Dovrà restare invece in carcere per vent’anni l’ex dirigente della polizia moscovita Serghiei Khadzhikurbanov, un altro presunto organizzatore del delitto. Si tratta di pene un po’ meno severe di quelle a cui puntava la pubblica accusa, che oltre ai due ergastoli aveva chiesto da 15 ai 22 anni per gli altri imputati, ma i cinque condannati continuano a respingere ogni accusa. Resta da capire chi ha ordinato la morte della Politkovskaja, sempre pronta a denunciare la deriva autoritaria del governo di Vladimir Putin e con le sue scomode inchieste sui tanti abusi commessi dalle forze russe in Cecenia.

Sembra che proprio quel giorno la giornalista avrebbe pubblicato su Novaja Gazeta, la testata per la quale lavorava dal 1999, un lungo articolo sulle torture operate dalle forze di sicurezza presidenziale legate a Ramsan Kadyrov. Dmitri Muratov, editore del giornale liberale, il 9 ottobre dichiarò che mancavano due foto all’appello tra quelle che avrebbero dovuto corredare il servizio. Ramsan Kadyrov è l’attuale primo ministro reggente della Cecenia. I circa 3000 uomini che componevano il suo Servizio di Sicurezza Presidenziale hanno commesso il 70% degli omicidi, degli stupri, dei rapimenti e delle torture avvenute nella repubblica autonoma: a dirlo uno studio dell’organizzazione per i diritti umani tedesca, la GfbV (Associazione per i popoli minacciati).

Sara Sbaffi

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