Era un lupo solitario. E quel che ha scatenato nei pressi di Parliament Hill, due giorni fa, poteva essere un vero e proprio massacro. Micheal Zehaf-Bibeau, 32enne pregiudicato ed ex tossicodipendente, era originario del Quebec e il suo sogno, dopo la conversione all’islam, era quello di “andare a combattere in Siria”. Sua madre, che non lo vedeva da cinque anni, lavora per i servizi immigrazione del governo canadese. E a luglio le autorità del Paese gli avevano ritirato il passaporto considerandolo “viaggiatore ad alto rischio”.
A poche ore dall’attacco al Parlamento di Ottawa, l’attentato più clamoroso della storia canadese, la polizia ha iniziato a diffondere il video della mancata strage – che comunque ha ucciso un soldato: l’italo-americano Nathan Cirillo. Il filmato, prodotto dalle telecamere di sicurezza del complesso parlamentare, mostra il giovane che compie il gesto “fatale” per poi avviarsi di corsa verso l’entrata del palazzo. Luogo in cui, per un tempo apparso lunghissimo, ha seminato confusione e terrore.
Nessun commando in azione, dunque, come a lungo si era sostenuto. Le autorità canadesi non hanno identificato alcuna cellula operativa e nessun complice da fermare. Ma se Bibeau non fosse stato fermato a pochi metri dall’aula parlamentare dall’ex poliziotto Kevin Vickers, oggi il Paese non starebbe piangendo solo Cirillo.
Michael era già stato quattro volte negli Stati Uniti, e secondo quanto riferito dalle autorità, aveva in mente da tempo di partire per unirsi alla lotta jihadista intrapresa dall’autoproclamato califfato islamico. Ed era l’unico, secondo gli agenti, a voler andare all’estero tra i 93 canadesi a rischio terroristico. E’ una storia preoccupante, la sua. Un segnale ben chiaro, capace di mettere in luce come il fenomeno dell’estremismo religioso non sia il prodotto unicamente di aggregazioni. Per armarsi di un ordigno o della volontà di far fuori decine di persone, non è necessario appartenere ad un gruppo. Basta la “fede”.