Il brodo primordiale che ha dato origine alla vita sulla Terra non ha avuto necessità di alcuna ‘fiammata’ per formare le prime proteine, ma solo del continuo ribollire di centinaia di molecole precursori, unite fra loro grazie a reazioni molto comuni in quelle condizioni ambientali così primitive.
Abbondanza di componenti primitivi
Lo dimostra uno studio del Georgia Institute of Technology, in collaborazione con la Nasa e lo Scripps Research Institute. “Facilità e abbondanza sono gli elementi chiave”, spiega il ricercatore Facundo Fernández. “L’evoluzione chimica avanza più facilmente quando i componenti di cui ha bisogno sono abbondanti e possono unirsi fra loro in condizioni ordinarie. Ci siamo tenuti alla larga da scenari poco plausibili”.
Precursore della vita
Il brodo primordiale, noto anche come brodo prebiotico, è un ipotetico ambiente ancestrale nel quale sono avvenuti gli eventi chimico-fisici che hanno poi dato origine alla vita sulla Terra. Dal punto di vista chimico, altro non sarebbe che una miscela acquosa di sali inorganici e vari composti chimici semplici a base di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, sia di natura organica (idrocarburi, amminoacidi, acidi carbossilici, brevi polimeri) che inorganica (ammoniaca, anidride carbonica).
I test
I ricercatori hanno ricreato in laboratorio il brodo primordiale usando principalmente aminoacidi e idrossiacidi, vale a dire gli ingredienti a quel tempo più abbondanti.
Gli scienziati hanno potito così osservare che contro ogni pronostico gli elementi si sono uniti come dei mattoncini formando spontaneamente i precursori delle proteine: i depsipeptidi. La loro evoluzione è stata poi accelerata ‘asciugandoli’ a 85 gradi e rituffandoli nel brodo, in modo da simulare il processo ciclico a cui i depsipeptidi potrebbero essere andati incontro quando le pozze d’acqua sulla Terra si seccavano e si riempivano nuovamente d’acqua.
Senza alcuna fatica, sono stati così ottenuti i primi peptidi le cui catene, unite e ripiegate, vanno a formare le proteine. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas). Fonte: Ansa.