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NESSUN COLPEVOLE. PAGANO SOLO I CITTADINI

Alcuni sprechi nella pubblica amministrazione sono sotto gli occhi di tutti: ruberie, mazzette, furbetti che spuntano in ogni ente. Ce ne sono altri, però, più occulti non così eclatanti da finire sulle pagine dei giornali perché non necessariamente oggetto di inchieste penali. Eppure, paradossalmente, i secondi fanno più danni dei primi, perché mentre a seguito di un processo si arriva a una condanna e un risarcimento, quando si tratta di individuare chi ha fatto un danno erariale ci si impantana nella burocrazia, una sorta di sabbie mobili che inghiotte competenze e responsabilità. Con un unico risultato: a pagare restano solo i cittadini.

L’ultimo caso – evidenziato da una sentenza della Corte dei Conti, n.127/2015 – riguarda non un paesino sperduto nel Belpaese ma addirittura la Capitale. Cosa è accaduto? Che un tecnico assunto a tempo determinato, non più gradito alla politica e dunque senza più quei requisiti di “fiducia”, fosse stato cacciato dall’oggi al domani; a prescindere dall’effettiva utilità del suo incarico, fuori dai canoni del dettato di legge; con un metodo tipico di certa politica che fa e disfà a proprio piacimento.

Peccato che quel licenziamento non solo non fosse funzionale al bene comune, ma addirittura arbitrario. E così, dopo un ricorso durato anni, il Comune di Roma è stato costretto a pagare 258.494,05 euro (sentenza n.3370 della Corte d’Appello di Roma, nota prot. N. 3137 del 19/0272013) alla vittima dell’ingiusto allontanamento. E questo è solo uno dei tanti casi che gli uffici pubblici italiani continuamente sfornano, non intendendo il proprio ruolo come quello di amministratori bensì come “proprietari del giocattolo” finché è nelle loro mani.

Fatto sta che il recesso dal rapporto di lavoro, adottato con una delibera della Giunta Comunale, è stato poi eseguito materialmente attraverso gli atti del Segretario generale e del Direttore del Dipartimento risorse umane.
La Corte dei Conti ha voluto entrare nel merito della questione, chiedendo conto ai due dirigenti del danno prodotto alle casse pubbliche dal pagamento di questa condanna. Ma entrambi hanno evidenziato che il rapporto di lavoro era connotato da “elementi di specialità e caratterizzato dalla fiduciarietà”. In sostanza l’atto conclusivo della vicenda era nelle mani esclusive della Giunta, che peraltro aveva voluto il primo contratto a chiamata diretta.

E così mentre la politica non paga perché detta solo le regole e i dirigenti non pagano perché eseguono solo gli ordini, la condanna viene coperta finanziariamente dal Campidoglio. Soldi che inevitabilmente andranno a pesare sul bilancio generale che comprende anche i servizi al cittadino.

Per arrivare a questo “capolavoro” – frutto anche di evidenti buchi nel quadro normativo di riferimento e di una colpevole inerzia amministrativa intercorsa tra il primo grado di giudizio e l’appello – ci sono voluti 16 anni. L’ennesimo schiaffo alla buona amministrazione.

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