Nelle Filippine è scattata l’emergenza per la probabile eruzione del vulcano Mayon. L’obbiettivo è quello di tutelare 110mila persone che rischiano di essere coinvolte nel cataclisma. D’altronde la prudenza non è mai troppa, visto quanto successo in Giappone con la tragedia dell’Ontake. Per questo associazioni e gruppi cattolici filippini hanno fatto partire una campagna di raccolta fondi. Anton Pascual, direttore esecutivo di Caritas Manila insieme con la Chiesa di Quiapo hanno stanziato ciascuno 500.000 pesos ovvero l’equivalente di 11.000 dollari da mettere a disposizione della diocesi di Legazpi per il progetto “Harong”.
L’organismo della Conferenza episcopale che si occupa di attività sociali e caritative (Cbcp-Nassa) insieme con il Catholic Relief Service (Crs) ha effettuato una stima dei possibili danni e delle potenziali vittime che il vulcano potrebbe fare; e i dati sono allarmanti. Per questo motivo si è provveduto a creare 45 centri di accoglienza nella provincia di Albay. Il direttore del Social Action Center della diocesi di Legazpi, P. Rex Arjona, afferma che l’intero progetto intende rispondere ai bisogni degli sfollati e assicura che le funzioni eucaristiche verranno celebrate nei centri di accoglienza. Il provvedimento di evacuazione ha riguardato migliaia di cittadini che risiedono nei villaggi entro i 6km di distanza dal cratere.
Le Filippine si trovano in un’area denominata “anello di fuoco” del Pacifico, caratterizzato da un’intensa attività sismica e vulcanica. Gli esempi possono essere tanti: nel 1991 un terremoto di magnitudo 7,7 ha ucciso circa duemila persone a Luzon mentre nel 2012 un altra scossa da 7,6 gradi della scala Richter si è propagata a largo della costa orientale dell’isola di Samar innescando un allarme tsunami e la conseguente evacuazione generale della zona.