L’ebola fa distinzioni di genere, almeno in Africa. È quanto emerso da uno studio pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), che mette in luce come, dal dicembre 2014, la percentuale di donne contagiate dal virus sia nettamente superiore a quella maschile. In Guinea, uno dei tre Paesi maggiormente “iti dall’epidemia insieme a Liberia e Serra Leone, le donne rappresentano fino al 74% della totalità dei malati.
Secondo lo studio dell’Undp, la causa di questa sproporzione è data dal ruolo chiave che la donna svolge nella società africana come contadina, operatrice sanitaria e piccola commerciante. Nel report si legge che “la risposta e la prevenzione dell’ebola devono basarsi maggiormente su strategie di sviluppo nazionali che affrontino al meglio gli impatti negativi che l’epidemia sta avendo sulle donne e sulle ragazze”. Inoltre, prosegue il rapporto, a causa della grave carenza di strutture e operatori sanitari, molte delle 800 mila donne che si prevede partoriranno durante i prossimi 12 mesi rischiano di non ricevere cure adeguate in tutti e tre i Paesi colpiti dall’ebola”
“Infine – conclude lo studio – i funzionari della sanità e le organizzazioni che lavorano per combattere l’epidemia di ebola devono coinvolgere maggiormente le donne negli sforzi per aumentare la consapevolezza circa la malattia e per discutere di misure di prevenzione e di attenuazione dei rischi”. Il gentil sesso, infatti, a causa dello stato di indigenza di molte famiglie, è quello a maggior rischio di violenza e sfruttamento lavorativo o sessuale. Per questo l’Undp auspica la creazione di meccanismi di rete di sicurezza specifici, come i trasferimenti di denaro e programmi di lavoro dedicati alle sopravvissute e un supporto a lungo termine per tutte coloro che sono impiegate nell’agricoltura e nell’imprenditoria.