Figlia della Resistenza civile e di un voto popolare, non si capisce perché il suo compleanno venga festeggiato con una parata militare. È un controsenso, un falso storico. La Repubblica democratica, cresciuta ed educata nei valori della Costituzione, è l’espressione massima di tutto ciò che è civile (che deriva dal latino civilis, cioè cittadino). Il termine “civile” nel vocabolario ha un’accezione come sostantivo: civile, “status del cittadino in contrapposizione a militare”. La parata ai Fori imperiali, il rombo delle frecce tricolori, il presentat’arm, sono infatti in contrapposizione ai fondamenti costituzionali, tra cui il ripudio della guerra e la difesa della patria affidata, appunto, “al cittadino” (e non all’esercito).
Il 2 giugno ad avere il diritto di sfilare dovrebbero essere le forze del lavoro, i sindacati, le categorie delle arti e dei mestieri, gli studenti, gli educatori, gli immigrati, i bambini con le madri e i padri, le ragazze e i ragazzi del servizio civile. Queste sono le vere forze vive della Repubblica che chiedono di rimuovere l’ostacolo delle enormi spese militari ed avere a disposizione ingenti risorse per dare piena attuazione a tutti i principi fondanti della Costituzione: lavoro, diritti umani, dignità sociale, libertà, uguaglianza, autonomie locali, decentramento, sviluppo della cultura e ricerca, tutela del paesaggio, patrimonio artistico, diritto d’asilo per gli stranieri e ripudio della guerra.
Il 2 giugno sarebbe giusto e bello far sfilare, al posto dei soldati in alta uniforme o tuta mimetica, i giovani disoccupati e i pensionati come rappresentanti del popolo italiano in sofferenza, e vedere i rappresentanti delle istituzioni mettersi sull’attenti davanti a loro. I militari facciano la parata in un’altra data; hanno già la loro festa, il 4 novembre, che ricorda “l’inutile strage” della prima guerra mondiale. E anche la deposizione della corona al milite ignoto andrebbe fatta in altro momento. La corona d’alloro il 2 giugno andrebbe deposta davanti alle tombe dei morti sul lavoro.
Nell’ottobre del 2000 l’allora Ministro della Difesa Mattarella sospese il servizio militare obbligatorio, definendo quel provvedimento “il dividendo della pace dopo 50 anni” . Ora il movimento nonviolento e per la pace chiede al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di restituire al 2 Giugno la forza dirompente e smilitarizzata della nostra Repubblica, fondata sul lavoro e sul ripudio della guerra. Infatti proprio in occasione del 2 giugno i promotori della proposta di Legge di iniziativa popolare per l’Istituzione del Dipartimento della Difesa civile, non armata e nonviolenta, fanno sapere che è avvenuto il deposito delle 50.000 firme necessarie e che l’annuncio verrà dato in Aula a Montecitorio la prossima settimana. La campagna Un’altra difesa è possibile vuole essere un modo coerente per celebrare la Festa della Repubblica disarmata che ripudia la guerra.
Obiettivo della campagna, infatti, è quello di dare ai cittadini uno strumento per la Difesa civile, non armata e nonviolenta – ossia la difesa della Costituzione e dei diritti civili e sociali che in essa sono affermati; la preparazione di mezzi non armati di intervento nelle controversie internazionali; la difesa dell’integrità della vita, dei beni e dell’ambiente dai danni che derivano dalle calamità naturali, dal consumo di territorio e dalla cattiva gestione dei beni comuni – anziché finanziare strumenti di morte come cacciabombardieri, sommergibili, portaerei e missioni di guerra, che lasciano il Paese indifeso dalle vere minacce che lo colpiscono e lo rendono invece minaccioso agli occhi del mondo. L’anno prossimo, nel 2016, la Repubblica compirà i 70 anni. Il miglior regalo sarà l’abolizione dell’anacronistica rivista militare e la sua sostituzione con un vivace corteo di cittadine e cittadini semplici, veri difensori di un’Italia che da Patria armata deve trasformarsi in Matria disarmata.
Mao Valpiana
Presidente del Movimento Nonviolento