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MOSTRO DI FIRENZE, SI INDAGA SU UN IMPRENDITORE TEDESCO

Il caso del “Mostro di Firenze” non è ancora chiuso. A trent’anni dall’ultimo degli otto omicidi commessi dal serial killer più famoso della storia italiana gli inquirenti stanno battendo una nuova pista. Al centro delle indagini stavolta c’è il tedesco, ormai morto, Rolf Reinecke. Nei mesi scorsi è arrivata in Procura una segnalazione anonima che faceva riferimento ad una serie di fatti collegati agli otto duplici omicidi avvenuti fra il 1968 e il 1985 nella provincia di Firenze. I giudici hanno affidato, secondo quanto riferito dll’Adnkronos, una serie di accertamenti ai carabinieri dei Ros per verificare l’attendibilità della fonte anonima che ha chiesto di riaprire l’inchiesta. I militari si sono recati a Prato per verifiche sul conto di Rolf Reinecke, un imprenditore tedesco morto nel 1996 all’età di 59 anni, che aveva vissuto e lavorato a Vaiano.

Gli investigatori si sono recati a Briglia per ascoltare amici ed ex dipendenti dell’uomo. Rolf Reinecke era già entrato nell’inchiesta sui delitti del “mostro”, quando il 9 settembre 1983, a Giogoli, vennero assassinati due turisti tedeschi, Jens-Uwe Rüsch e Horst Wilhelm Meyer, entrambi di 24 anni, studenti presso l’Università di Münster che al momento dell’aggressione si trovavano a bordo del loro furgone Volkswagen T1 con l’autoradio accesa. I giovani vennero raggiunti e uccisi da sette proiettili.

A differenza degli altri delitti, in quel caso mancò il macabro rito dell’asportazione del pube, semplicemente perché l’assassino si accorse solo dopo che si trattava di due uomini, mentre nell’oscurità si era lasciato ingannare dal lunghi capelli biondi di una delle due vittime. Le indagini all’epoca fecero emergere che Reinecke aveva abitato proprio a Giogoli, nel comune di Scandicci, in una villa piuttosto vicino al luogo in cui furono ritrovati i due giovani tedeschi assassinati.

Descritto come persona piuttosto eccentrica, emerse che l’imprenditore tedesco possedeva una pistola calibro 22, dello stesso modello di quella attribuita al “mostro” dai proiettili ritrovati. L’inchiesta avviata a suo tempo dalla Procura di Firenze ha portato alla condanna in via definitiva di due uomini identificati come autori materiali di 4 duplici omicidi, i cosiddetti “compagni di merende”: Mario Vanni e Giancarlo Lotti mentre il terzo, Pietro Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli per 7 degli 8 duplici omicidi e successivamente assolto in appello, è morto prima di essere sottoposto ad un nuovo processo di appello, da celebrarsi a seguito dell’annullamento nel 1996 della sentenza di assoluzione da parte della Cassazione.

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