MONS. FISICHELLA: “VI RACCONTO IL GIUBILEO”

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“La Misericordia è il cuore del Vangelo e il Giubileo straordinario indetto da papa Francesco proprio sul tema della Misericordia l’ha riportata al centro della vita dei cristiani, dopo che per troppo tempo era rimasta ai margini, come una appendice, come uno dei tanti valori della esistenza cristiana. E’ questo il vero, grande significato dell’Anno Santo che domenica (oggi ndr) il Santo Padre concluderà solennemente in piazza S. Pietro”.

Presidente del Pontificio consiglio per la Nuova Evangelizzazione, l’arcivescovo Rino Fisichella è stato il gran regista dell’evento che sta per chiudere i battenti, il presule che Papa Francesco ha voluto al comando, nominandolo presidente del Comitato organizzatore. Dopo un anno di intenso lavoro, vissuto tra gli impegni del suo dicastero e la supervisione del programma giubilare, Fisichella fa una prima analisi ed il suo giudizio è positivo, anche se parlare di bilanci definitivi forse è ancora prematuro.

Prudenza comprensibilissima pur di fronte alle tante “cose” avvenute nella vita della Chiesa cattolica, in un arco di tempo che in poco meno di 12 mesi ha attirato a Roma e in Vaticano oltre 21 milioni di fedeli provenienti da tutto il mondo, ai quali – precisa lo stesso monsignore – “vanno aggiunti i pellegrini che per la prima volta hanno celebrato il Giubileo in tutte le diocesi, nei grandi e piccoli santuari, persino nelle carceri e negli ospedali attraversando Porte Sante ad hoc, come, ad esempio, quella della Carità aperta all’ostello della Caritas di Roma a via Marsala, presso la Stazione Termini, o le Porte Sante aperte nelle carceri romane”. Senza tuttavia dimenticare la prima Porta Santa aperta da papa Bergoglio in Centro Africa, addirittura prima di quella della basilica di San Pietro che domenica oggi sarà solennemente richiusa dopo che il Pontefice avrà firmato la Lettera Apostolica “Misericordia et Misera” (La Misericordia e la povertà) che, lunedì mattina sarà presentata ufficialmente da monsignor Fisichella nella Stampa della Santa Sede.

Eppure, non mancano voci critiche e qualche commentatore parla addirittura di un Giubileo della Misericordia che avrebbe fatto flop. Lei, monsignor Fisichella, cosa risponde?
“Giudicare un Anno Santo solo attraverso la lente delle cifre è riduttivo e fuorviante. Lo è ancora di più se si vuol giudicare un evento particolare come il Giubileo straordinario della Misericordia. Al di là delle nude cifre, credo che questo Anno Santo lasci la grande gioia innanzitutto provocata dal mettere di nuovo al centro della vita della Chiesa la misericordia. La misericordia è innanzitutto fonte di gioia e in un momento così forte di incertezza, di precarietà, del non sapere quale sarà il prossimo futuro, avere la certezza di una speranza cristiana con la quale Dio viene incontro e non ti lascia mai solo, non ti abbandona, ma ti dà la consolazione della sua presenza e della sua vicinanza, credo che sia qualcosa che rimarrà ancora per lungo tempo nel cuore delle persone”.

C’è un evento di questo Giubileo che si sta per concludere destinato a restare nella storia universale, ma soprattutto nel cuore della gente, al di là di religioni professate, fedi, orientamenti politici, nazionalità?
“I volti della Misericordia, come si sa, sono tanti, non si possono contare. Direi che i segni più visibili di questa testimonianza misericordiosa emersa nel corso dell’Anno Santo sono quelli che in qualche modo sono diventati tangibili nei ‘Venerdì della Misericordia’. Papa Francesco, infatti, ha voluto dare dei segni, però sono dei segni che hanno toccato nuove povertà: penso al Papa che visita delle persone, dei giovani anche, che vivono in stato vegetativo e che la società di oggi rifiuta, non vuole neppure sapere della loro esistenza; penso al Papa che va in un hospice e, camera dopo camera, accarezza e abbraccia persone che nel giro di qualche giorno lasceranno questo mondo per l’incontro con il Signore, in una cultura che non vuole pensare alla morte o che relega la morte soltanto a una fiction… Sono tutti questi segni che a mio avviso scuotono, da una parte, una coscienza tiepida e indifferente e, dall’altra, però mostrano anche il grande impegno che tocca a ciascuno di noi”.

Ma negli incontri giubilari del Venerdì della Misericordia uno, in particolare, ha colpito credenti e non credenti, la visita a sette famiglie di ex preti che, per motivi più vari, hanno lasciato il sacerdozio. Lei, monsignor Fisichella, come sempre anche in questa circostanza era accanto al papa. Cosa ha provato vedere sette suoi ex confratelli con le loro moglie ed i loro figli andare incontro a Bergoglio per essere accolti, consolati, come un padre va incontro ai propri figli?
“E’ stata una cosa bellissima e commovente. Difficile raccontarla con le parole giuste. Un momento di profonda intimità, di grande tenerezza che il papa ha voluto vivere accanto a nostri fratelli, un tempo sacerdoti, che ora hanno messo su famiglie e generato figli. E’ stato il segno concreto di una Chiesa che non esclude nessuno. Il segno vero di una Misericordia alta che abbraccia qualsiasi persona, anche quelli che, come gli ex sacerdoti, un tempo erano tenuti ai margini della vita della Chiesa. Il Papa è andato incontro a loro proprio come un padre va vicino ai suoi figli. Un segno indelebile del Giubileo”.

Oltre ai Venerdì della Misericordia, altri momenti significativi del Giubileo?
“L’attenzione ai poveri, agli esclusi, ai carcerati, agli ammalati con le relative giornate giubilari. Come non essere colpiti dal Giubileo dei poveri e degli esclusi che ha praticamente concluso il programma dei grandi incontri in San Pietro. E poi, la giornata dei carcerati con oltre mille detenuti provenienti in permesso dalle maggiori carceri italiane. Detenuti che hanno servito Messa accanto al Papa, che hanno letto i passi delle Sacre Scritture e pronunziato parole di perdono anche verso chi aveva ucciso loro un familiare, un amico. Gesti profetici accanto ai più sofferenti, agli ammalati che accompagnati dall’Unitalsi hanno celebrato il Giubileo in oltre 50 mila. Senza, tuttavia, dimenticare, la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, la santa degli ultimi. Ma tra i gesti destinati a fare la storia non vanno dimenticati i momenti a grande impatto ecumenico”.

Per esempio?
“L’incontro a Cuba col patriarca di Mosca Kirill, il primo dopo quasi mille anni di scisma. Come pure la celebrazione in Svezia dei 500 anni del luteranesimo, due gesti a dir poco storici e rivoluzionari a livello di rapporti ecumenici sia con l’ortodossia che con il protestantesimo. Incontri che contribuiranno certamente a sanare le piaghe delle divisioni del corpo della Chiesa sulla scia del Concilio Vaticano II e sulla spinta dell’opera dello Spirito Santo, come ha confidato anche papa Francesco al quotidiano Avvenire. Gesti e segni giubilari che sfuggono a qualsiasi analisi numerica perchè attengono ai valori della fede che, come è facilmente intuibile, non può essere incastonata in una rete numerica fatta di calcoli, percentuali e raffronti matematici”.

Ma, a proposito di numeri, non manca chi lamenta che nel Grande Giubileo del 2000 i pellegrini furono oltre 30 milioni. Quasi dieci milioni in più rispetto al Giubileo della Misericordia.
“E’ sbagliato fare questi paragoni. Il Giubileo del 2000, dopo ben 5 anni di preparazione, sotto la guida di S.Giovanni Paolo II traghettò la Chiesa nel terzo millennio. Il Giubileo della Misericordia, che ha avuto solo qualche mese di preparazione, ha posto l’uomo, specialmente il più bisognoso, al centro dell’attenzione universale, e per di più in un momento storico a dir poco tragico condizionato da attentati da parte di terroristi sedicenti islamici, violenze di ogni genere, oppressioni, guerre, che hanno generato paure che, non è da escludere, non hanno favorito gli spostamenti. Eppure a Roma sono arrivati oltre 21 milioni di pellegrini ai quali vanno aggiunti i pellegrini che hanno celebrato il Giubileo presso le Porte Sante periferiche. Se questo è un flop…”.

La città di Roma ha risposto bene?
“In linea mi massima sì. In particolare, mi fa piacere sottolineare che hanno funzionato bene sia l’accoglienza, con tutto quanto concerne i presidi di sicurezza da parte di forze armate e volontari, che la tutela sanitaria. La città poi ha purtroppo mostrato i suoi limiti che sono sotto gli occhi di tutti, limiti che tuttavia non hanno compromesso il regolare svolgimento degli eventi giubilari”.

Orazio La Rocca: