Lo scopo ĆØ buono, ma le implicazioni imprevedibili: la Polizia Nazionale della Corea del Sud ha da poco annunciato di essere al lavoro per un āBig data programā, ovvero un sistema che raccoglierĆ informazioni personali, rielaborate in statistiche, al fine di prevenire futuri possibili crimini.Ā Lāipotesi ĆØ affascinante: ha a che fare in qualche modo con la possibilitĆ di prevedere il futuro e di evitare il male, il crimine, e ci riporta con la mente al romanzo di fantascienza di Philip Dick āMinority reportā, in cui in un ipotetico futuro l’umanitĆ ha completamente eliminato la maggior parte delle azioni criminali grazie ai poteri di previsione di alcuni veggenti. Ma si trattava di fantascienza, appunto.
Qui parliamo di realtĆ , ed anche imminente: si tratterebbe in pratica di unire il database interno della polizia con i dati pubblici disponibili sui social media, da lƬ accertare lāidentitĆ di potenziali criminali o capire dove si nascondono, ad esempio. La Polizia sud coreana ha giĆ pubblicato un bando per progetti di ricerca sulla ātecnologia applicata alla sicurezzaā mettendo in palio ben quattro milioni di dollari per il vincitore.
Lāiniziativa perĆ² viene presa senza un minimo dibattito politico, e cosƬ ogni informazione immessa in rete tramite Facebook o Twitter potrebbe essere utilizzata per la prevenzione del crimine, come tutti i dati appartenenti alla Polizia e al Ministero di Giustizia sud coreani.
Gli interrogativi che si sollevano sono parecchi e molti sono i sospetti di illegalitĆ : in Corea del Sud, infatti, tutte le entitĆ legali quali aziende, governo o singoli cittadini devono esprimere il consenso alla cessione dei propri dati, in base al Personal Information Protection Act. Queste informazioni possono essere ottenute dalle forze dellāordine senza il consenso dei soggetti solo quando richieste per specifiche indagini. Dato che il sistema raccoglierebbe i dati per un uso non correlato ad una indagine particolare, potrebbe venire considerato lesivo della privacy dei cittadini.
Se queste cose accadono in Corea del Sud, si ha la tentazione di considerarle figlie di una condizione politica particolarmente intricata, ed oggettivamente ĆØ cosƬ. Tuttavia chi di noi nel liberale Occidente, non si ĆØ sentito āspiatoā dai colossi del commercio od oggetto di sofisticate strategie di marketing, volte ad intercettare i bisogni?
I risvolti anche legali sono consistenti: āil raccogliere dati e informazioni personali provenienti dal web ĆØ particolarmente illegaleā, dice Lee Eun-woo, avvocato sud coreano, e il fatto che ciĆ² sia stato fatto āsenza nessuna reale considerazione per un dibattito con la societĆ civile aggrava la situazioneā, chiosa. Fa riflettere poi che la Corea del Sud sia il Paese di provenienza dellāattuale Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: lāONU per statuto si impegna a promuovere il rispetto dei diritti umani, la tutela della pace e la sicurezza internazionale.
Il progetto dei padri fondatori delle Nazioni Unite sulla sicurezza prevedeva un sistema internazionale regolamentato, in cui le grandi potenze, in virtĆ¹ del loro peso, si sarebbero gravate di maggiori responsabilitĆ . I Paesi meno rilevanti, quale la Corea del Sud, erano stati pensati come naturali fruitori dei vantaggi del sistema internazionale, quindi anche della sicurezza. Infatti in un mondo di disuguaglianze non sarebbero stati in grado di difendersi da soli, e la loro insicurezza avrebbero costituito una minaccia per tutto il sistema.
Le cronache di questi giorni e iniziative come il Big data rappresentano uno schiaffo a questa concezione, scalfita dallāinsicurezza imperante nello scacchiere internazionale. Questo il motivo principale per cui i singoli Paesi sono costretti a fare da soli, pur muovendosi in modo discutibile. Non resta che sperare che il vuoto di ideali cui sono improntate le relazioni tra Stati possa presto commutarsi in un intento solidale, come voleva appunto il progetto delle Nazioni Unite.