Tra gli otto Obiettivi di sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals o MDG), siglati nel 2000 e che tutti i 193 stati membri dell’Onu si sono impegnati a raggiungere entro la fine del 2015, ve n’è uno che prevede di offrire “un’educazione primaria universale, assicurando l’accesso a un ciclo completo di scuola primaria a tutti i bambini nel mondo, maschi e femmine”. Eppure, all’avvicinarsi della scadenza – e del prossimo meeting tra i leader mondiali che sigleranno i nuovi obiettivi dei futuri 15 anni – in fatto di istruzione obbligatoria i risultati ottenuti sono lontani dalle aspettative.
A denunciarlo sono le numerose Ong che operano sul campo. Secondo i dati del 2012, ancora 55 milioni di bambini sono esclusi da qualsiasi tipo di sistema scolastico. Di questi, circa 30 milioni si trovano in Africa subsahariana, circa un terzo della popolazione sotto gli 11 anni. Inoltre, il Medio oriente, il Nord Africa, l’America Latina e i Caraibi sono fermi al 95 per cento del tasso di scolarizzazione. I paesi del sud est asiatico sono in una situazione addirittura peggiore poiché hanno raggiunto la quota del 91 per cento nel 2009 e da allora non ci sono stati miglioramenti.
Non tutto però è negativo. I paesi in via di sviluppo in Asia centrale e orientale e in Europa hanno raggiunto gli standard prefissati dall’obiettivo. Il tasso di iscrizione a un ciclo di studi primari nei paesi in via di sviluppo, infatti, ha raggiunto quota 90 per cento nel 2012, un notevole aumento rispetto all’83 per cento del 2000 e all’80 per cento nel 1990. Inoltre, la percentuale di adulti alfabetizzati nel mondo è passata all’84 per cento rispetto al 76 per cento del 1990.
Con i nuovi obiettivi, l’impegno a garantire l’istruzione universale per i bambini e le bambine entro il 2030 è iscritto nel quarto obiettivo di sviluppo sostenibile (Sdgs) con una formula più completa rispetto alla precedente versione grazie alla presenza degli aggettivi “inclusiva” ed “equa”. Il fine è quello di superare ogni forma di discriminazione, comprese quelle basate sulla disabilità, sul genere, sulla razza, sulla religione, sulla lingua, sull’orientamento sessuale e sullo status socio-economico e di rendere la cultura accessibile a tutti.