Muffe e additivi potenzialmente tossici, sporcizia e alimenti taroccati. E’ critico il quadro che emerge dall’indagine condotta dal Nas dei Carabinieri nelle mense scolastiche italiane. Proprio così: a rischiare di entrare in contatto con cibi di dubbia provenienza e veleni sono i nostri figli. Uno schiaffo alla pubblica istruzione e ai contribuenti assestato ogni giorno in decine di scuole italiane.
Da Nord a Sud Italia, secondo il Rapporto sui controlli condotti nel corso dell’anno scolastico 2015-2016, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le regioni. Si va dal fluororato, sostanza non consentita per legge, trovato nei piatti utilizzati per la somministrazione dei pasti in una mensa a Milano, a muffe alle pareti nei locali di cucina rinvenute ad Alessandria. A Brescia alimenti provenienti da agricoltura tradizionale venivano spacciati per biologici, a Pescara i prodotti a km zero venivano comprati in un discount, a Firenze sono stati trovati prodotti di qualità inferiore a quella prescritta nel capitolato d’appalto, come olio extravergine di oliva di provenienza comunitaria anziché nazionale. Elemento, quest’ultimo, non di poco conto perché anche in base alla qualità del prodotto promessa vengono vinte le gare per la somministrazione dei pasti.
Ma non mancano i casi più gravi. Ad Ancona, ad esempio, sono somministrati alimenti scaduti, in qualche caso addirittura riconfezionati e rietichettati con una nuova data di scadenza. A Perugia sono stati trovati cosci di pollo contenenti frammenti ossei, prosciutto e frittata contaminati da listeria e staffilococchi, yogurt scaduto e pane con muffa. A Napoli c’è stato addirittura un caso di tossinfezione alimentare che ha riguardato mense di diversi istituti.
L’indagine, voluta dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, dopo le segnalazioni di alcuni genitori, non ha riguardato solo “la qualità del cibo” ma anche la scelta dello stesso in base all’età. A ogni momento della crescita, infatti, corrisponde un determinato fabbisogno energetico che deve essere rispettato se non si vuole compromettere il delicato equilibrio fisiologico di bambini e adolescenti. Così si è scoperto che in un istituto di Palermo era stata omessa l’adozione di tabelle dietetiche nutrizionali per la popolazione in età pediatrica, violando le direttive del ministero.
“Non sono dati allarmanti” ha chiarito Lorenzin, aggiungendo che le ispezioni a sorpresa andranno avanti, non solo nelle scuole ma anche nelle strutture per anziani. Ma, nonostante le rassicurazioni, i dati del rapporto preoccupano. Ben 37 mense (una al Nord, sette al Centro e diciannove al Sud) sono state chiuse. A questo si aggiungono oltre 4.200 i chili di alimenti sequestrati perché in cattivo stato di conservazione o alterati, o mancanti di tracciabilità ed etichettatura. In tutto 101 persone sono segnalate all’autorità giudiziaria e 487 a quella amministrative, 164 le sanzioni penali e 764 amministrative per complessivi 491.496 euro. Di fatto, il numero delle anomalie non è in calo nonostante la stretta degli ultimi anni. Nei primi sei mesi del 2016, infatti, ci sono state 1525 ispezioni che hanno portato a individuare 405 irregolarità, mentre nell’intero anno 2014 erano state 758 le ispezioni e 179 le anomalie emerse.
L’indagine dei Nas sulle mense rievoca la mai risolta questione sulla gestione degli appalti pubblici. Lo Stato (quindi tutto noi) sostiene spese enormi per assicurare servizi ai cittadini attraverso l’affidamento di commesse a ditte private. Quando questo avviene in modo regolare è dovere delle stesse amministrazioni verificare che il contratto venga eseguito correttamente. Eppure a volte il controllore si addormenta e i più furbi, una volta incassata la commessa, abbattono i costi fornendo beni scadenti. Tanto soldi e figli sono sempre di Pantalone.