Belle, regali, così particolari da aver contribuito alla compilazione di un intero universo favolistico legato al regno animale, da Esopo in poi. Si tratta dei cervi, o meglio, delle loro corna anche se, più correttamente, sarebbe opportuno chiamarle “palchi”. Con buona pace del cervo che, a causa loro, non riuscì a sfuggire al leone, uno studio sulla composizione molecolare delle protuberanze ossee poste sulla testa di questi ungulati, potrebbe aprire, oggi, più di una strada verso la realizzazione, in futuro, di materiali ultraresistenti. Oggetti elastici e duri allo stesso tempo, capaci di assorbire e attutire gli impatti con qualsiasi tipo di superficie. Tutt’altro che fantascienza: i dati sono stati raccolti dai ricercatori italiani della “Queen Mary University” di Londra, nell’ambito di un’indagine condotta sulle corna dei cervidi e sulla loro particolarissima struttura interna.
Le immagini di due grossi cervi maschi intenti a lottare, a colpi di “cornate”, per il possesso del territorio o per il corteggiamento di un esemplare femmina, fanno parte del nostro immaginario collettivo, alimentato nel tempo da film e cartoni animati (impossibile dimenticare il duello del neo-adulto Bambi contro il suo rivale). E di conseguenza, più o meno implicitamente, tutti ci saremmo chiesti, almeno una volta, come fosse possibile che quei palchi regali, all’apparenza così fragili, fossero invece in grado di resistere a urti così violenti. Secondo l’indagine a raggi x condotta dagli studiosi, sarebbe una questione di fibre nervose: la rete di nervi interni, infatti, pur non essendo pressoché diversa da quella di altre specie, sarebbe in grado di trasformare i colpi esterne in vibrazioni attutite, grazie alla sfasata disposizione delle fibrille di collagene. Come spiega il coordinatore della ricerca, Paolino De Falco, “questo permette di assorbire l’energia che deriva dall’impatto durante il combattimento”.
Ma la vera “chicca” scientifica è rappresentata dalle possibilità future che questo studio è in grado di offrire. La piena comprensione della composizione di una così complessa struttura molecolare, potrebbe consentire la progettazione di materiali infinitamente più robusti, in grado di contrastare efficacemente urti, pressioni esterne e fratture: “Il nostro prossimo passo – ha spiegato Ettore Barbieri, componente del team di ricercatori – sarà quello di ricreare un modello stampato in 3D, con le fibre disposte in questa configurazione sfasata e unite da un’interfaccia elastica. L’obiettivo è dimostrare che la manifattura additiva (che crea il prototipo depositando uno strato alla volta) può essere usata per realizzare materiali compositi resistenti al danneggiamento”.
In sostanza, i palchi dei cervi costituiscono una sorta di modello naturale, grazie ai quali è possibile farsi un’idea sulle modalità di sviluppo riguardo ad alcuni oggetti, nell’ottica di una maggiore capacità di assorbimento degli impatti. Con l’augurio che sia un miglioramento mirato esclusivamente alla sicurezza delle persone.