Forse andava considerato che dal 1988 con la legge Vassalli esistono già diversi piani di responsabilità dei giudici, quello disciplinare, quello contabile e anche quello penale. Noi magistrati non abbiamo certe tutele che la politica invece conserva, e questo è bene ricordarlo.
Questa appena varata è una riforma punitiva che elimina quel filtro di ammissibilità, previsto proprio dalla legge Vassalli, che serviva per mettere al riparo i giudici da azioni strumentali e intimidatorie; così invece si mostra il fianco a chi, avendo ricevuto decisioni sfavorevoli in giudizio, ora può in qualche modo “reagire” creando così quel meccanismo intimidatorio che invece andava assolutamente evitato. Non solo, ma questa decisione è in evidente controtendenza con la strada già intrapresa sia nel settore penale che in quello civile verso una disincentivazione delle cause in tribunale. E’ del tutto evidente che questo meccanismo porterà ad un aumento dei carichi di lavoro per i Tribunali che, per ogni causa, potrebbero trovarsi con un’altra causa collegata.
Curioso che la politica su questo tema si sia ricompattata lasciando invece indietro altri argomenti fondamentali quali la prescrizione dei reati o la lotta alla corruzione, settori nei quali da tempo si chiede – inutilmente – un intervento legislativo per permettere ai magistrati di utilizzare strumenti per essere più incisivi nel controllo. Infine una considerazione sulle parole del ministro che ha definito “una rivoluzione” e una “svolta storica” questa legge; dal nostro punto di vista parleremo con una tale enfasi quando avremo una Giustizia con risposte serie e concrete sulla lunghezza dei processi e sulla certezza della pena. Che sono forse le cose che interessano veramente ai cittadini.
Maurizio Carbone
Segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm)