L’ultima minaccia di Cutolo: “Se parlo crolla mezzo Parlamento”

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Da Totò Riina a Bernardo Provenzano sino ad arrivare a Raffaele Cutolo. Quando un boss parla, sia pure tra le limitazioni del 41 bis, c’è sempre qualcuno che trema. E ascoltarlo può aiutare a far luce sulla storia nera d’Italia, quella andata in scena tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli ’80. Una vicenda di sangue che ha visto le organizzazioni criminali spartirsi poteri e territori in un’escalation di violenza senza limiti. E mentre i Corleonesi si mangiavano la Sicilia O’ professore conquistava Napoli, anche sfruttando il dramma del terremoto dell’Irpinia dell’80 che scatenò la guerra per gli appalti in cui si affrontarono la sua Nuova camorra organizzata e la Nuova Famiglia. Un bagno di sangue senza precedenti in Campania, compiuto con i metodi più efferati.

Oggi Cutolo è dietro le sbarre, a scontare una condanna a vita e quando parla c’è sempre qualcuno che lo ascolta, cercando di decriptare ogni sillaba per far luce su quegli anni. “Se dico qualcosa ballano le scrivanie di mezzo Parlamento – avrebbe detto l’ex padrino alla moglie, Immacolata Iacone, e al suo avvocato Gaetano Aufiero secondo quanto riporta Repubblica – molti di quelli che ci stanno adesso ce li hanno messi quelli che allora venivano a pregarmi”. Nel colloquio Cutolo ha fatto capire quanto sarebbero stretti i legami con le alte sfere della politica nazionale.  “Mi hanno usato e gonfiato il petto, da Cirillo a Moro che, a differenza del primo, hanno voluto morto – ha raccontato – e infatti mi ordinano di non intervenire: leva ‘e mani mi disse Vincenzo Casillo (il suo braccio destro, ucciso a Roma il 29 gennaio 1983, ndr). Poi mi hanno tumulato vivo. Sanno che se parlo cade lo Stato”. Cutolo non ha nascosto rabbia per le condizioni in cui vive con il carcere duro: “Sono un defunto a vita, salto anche l’ora d’aria per evitare controlli umilianti. Allo Stato servo così”.

In molti pensano che possa ancora essere legato ai clan. “Ma quale camorra?! – ha risposto Cutolo – pagina chiusa dal 1983, quando ho sposato Tina nel carcere dell’Asinara. Non sono un pericolo. Sarei pericoloso se parlassi, ma non ce l’hanno fatta a farmi diventare un jukebox a gettone: il pentito va a gettone. Parla e guadagna. Un ulteriore oltraggio alla memoria delle vittime”. Totale disprezzo per i politici: “Tutti parolai i politici. L’ultimo che ho stimato è stato Berlusconi”. Infine di Pasquale Barra, morto di recente dice: “Ha rovinato il povero Tortora. Che Enzo Tortora era innocente lo dissi da subito. Chiesi ai magistrati di essere interrogato. Non mi vollero nemmeno sentire”

Francesco Volpi: