Sono 200 milioni le donne e le ragazze che in 30 paesi del mondo, soprattutto in Africa, subiscono mutilazioni genitali. In Nigeria, fino a pochi anni fa, venivano praticate anche su neonate. Un fenomeno globale che ha portato le Nazioni Unite ad indire, per il 6 febbraio, la una Giornata Mondiale sul tema.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità le mutilazioni genitali femminili possono essere suddivise in quattro gruppi a seconda della gravità degli effetti: circoncisione, escissione del clitoride, infibulazione e infine un gruppo che comprende una serie di interventi di varia natura.
Un problema che riguarda molto da vicino anche l’Europa, seppur vietato in molti paesi dell’Unione. Secondo Strasburgo, sarebbero 500 mila le donne che vivono nel continente e hanno subito mutilazioni, 180 mila quelle a rischio. Non sono quindi risparmiate da questa orribile pratica bambine e adolescenti migranti che vivono sul territorio europeo: la maggior parte rischia di esservi sottoposta quando torna nel proprio Paese di origine durante periodi di vacanza.
L’Unione Europea riconosce che molti Stati membri hanno fatto importanti passi in avanti nel corso degli anni per prevenire e contrastare il fenomeno. Sforzi, però, spesso focalizzati sull’adozione di leggi e sull’aspetto punitivo, mentre c’è ancora molto da lavorare sulla prevenzione del fenomeno che si può raggiungere solo attraverso un capillare lavoro di sensibilizzazione che coinvolga le comunità migranti e renda protagoniste le donne.
Non si salva dall’attuazione di queste brutali pratiche neanche l’Italia: sono 35 mila, secondo una stima del 2009, le donne che hanno subito mutilazioni genitali nel Bel Paese. Secondo uno studio dell’Università Bicocca nel 2010 in Italia vivevano 57 mila donne vittime di mutilazioni genitali, di queste ben 27 mila nella sola regione Lombardia dove vi è maggiore concentrazione di comunità provenienti da Paesi dove tale pratica è ancora diffusa.
È necessario, quindi, collaborare con le comunità migranti originarie di queste regioni, per contrastare le mutilazioni genitali femminili in Italia e in Europa; coinvolgere i politici e le istituzioni per combattere il problema e aumentare la consapevolezza del rischio esistente per le donne migranti e trovare soluzioni per prevenirlo; sensibilizzare l’opinione pubblica e contribuire alla riduzione del numero delle vittime di queste pratiche. Sono questi i tre grandi obiettivi del progetto After, presentato da ActionAid martedì 8 ottobre, a Milano durante l’open day “Dall’Africa all’Europa: Combattere le mutilazioni genitali femminili”. Obiettivo del workshop, facilitare lo scambio di pratiche e metodologie di lavoro con le comunità straniere.
Con il progetto After le buone pratiche perfezionate in Africa saranno utilizzate per sradicare il fenomeno in Italia e in Europa, adattandole al diverso contesto sociale. Durerà due anni e si prefigge di combattere questa forma di violenza tramite percorsi che portino le donne a prendere coscienza dei propri diritti e attraverso l’implementazione di 16 percorsi formativi rivolti a giovani donne a rischio affinché rifiutino questa pratica e prendano consapevolezza del loro diritto all’integrità fisica e al controllo sul proprio corpo.
Un progetto, questo, che coinvolgerà anche uomini e leader religiosi. Vuole inoltre portare a conoscenza i cittadini europei sull’esistenza di un problema che spesso immaginano lontano e sensibilizzarli in tal senso. Durante i due anni del progetto After verranno anche organizzate attività di sensibilizzazione attraverso testimonianze di donne africane attive nella lotta alle mutilazioni nei loro Paesi e saranno prodotti un documentario e dieci video con le testimonianze di leader religiosi, donne e attiviste africane contro questi deplorevoli pratiche. Nello specifico, verrà fatta la mappatura delle politiche e dei servizi già esistenti per informare donne e ragazze migranti su ciò che il territorio offre a tutela dei loro diritti sessuali e riproduttivi.
Il progetto è finanziato dal Programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza dell’Unione Europea ed è implementato in Italia, Spagna, Belgio, Svezia e Irlanda in intesa con tre organizzazioni che fanno parte della federazione ActionAid e sono: ActionAid Italia che coordina i lavori, ActionAid Irlanda e ActionAid Svezia. Alla base anche una vasta rete di associazioni locali, ognuna delle quali metterà in campo la propria esperienza di lavoro con giovani migranti, di ricerca scientifica e di lotta alle mutilazioni genitali femminili tramite la creazione di documentari e altri prodotti di comunicazione.