Dopo oltre quattro mesi di sequestro, l’italiano rapito in Libia lo scorso 5 luglio Marco Vallisa è finalmente in viaggio per il ritorno a casa. A dare notizia della sua liberazione è stato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che ha affermato la propria “profonda soddisfazione”, aggiungendo i ringraziamenti nei confronti di “tutti coloro che hanno lavorato per il felice esito della vicenda. Tale risultato – commenta – è il frutto di un gioco di squadra dell’unità di crisi del ministero degli Esteri, dei nostri servizi d’informazione e dell’ambasciata d’Italia a Tripoli”.
Il tecnico 54enne, originario di Roveleto di Cadeo in provincia di Piacenza, era impegnato in un cantiere della ditta modenese “Piacentini Costruzioni” quando è stato rapito insieme ad altri due colleghi, un bosniaco e un macedone, nella città costiera di Zuara, popolata principalmente da berberi. Gli altri due, tuttavia, erano stati rilasciati due giorni dopo.
La prima ipotesi seguita alla loro scomparsa è stata quella del rapimento: la loro macchina, infatti, era stata trovata con le auto inserite nel quadro. L’obiettivo dei rapitori potrebbe esser stato quello di chiedere un riscatto, visto che la zona in cui hanno operato è particolarmente lontana dalla Cirenaica, dove si concentrano le organizzazioni jihadiste.
Vallisa potrà riabbracciare presto la propria famiglia, ma gli italiani rapiti all’estero sono ancora cinque: le due giovani cooperanti lombarde Vanessa e Greta, scomparse in Siria lo scorso 31 luglio; il tecnico veneto Gianluca Salviato, rapito in Libia il 22 maggio 2014; il gesuita romano Padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato a luglio 2013 in Siria, e il cooperante palermitano Giovanni Lo Porto, scomparso il 19 gennaio 2012 tra Pakistan e Afghanistan.