Mentre Papa Francesco fa appello a un umanesimo di fraternitĆ , il mondo sembra andare in direzione opposta, di una guerra tra fratelli, di fede, di nazione, di sangue, in umanitĆ . Aumentano le violenze. Ogni giorno, le cronache raccontano di figli che uccidono i genitori, genitori che uccidono i figli, fidanzati e mariti che fanno morire, nel corpo o nellāanima, la donna che dicono di amare. CāĆØ chi assassina lāonore e la dignitĆ di qualcun altro, con insulti, ingiurie, offese, umiliazioni, calunnie, diffamazioni, ingiustizie e prevaricazioni. E cāĆØ chi, in nome di Dio, semina il terrore e sparge il sangue, mentre le acque del mare si colorano di rosso, trasportando corpi senza vita sulle nostre spiagge, dove al mattino torna a brillare la luce del sole, ma non per tutti.
Lāegoismo, lāindifferenza, lāinsensibilitĆ , imperano nelle relazioni umane.Ā Piacere e potere sono i criteri di scelta e dāazione dominante. Le societĆ , dāOriente e dāOccidente, sembrano avere arrestato il loro percorso di progresso in civiltĆ dellāamore e della pace ed essere regredite allāetĆ selvatica della convivenza umana, al comportamento ādella giunglaā, nella quale ogni uomo ĆØ per lāaltro un lupo, homo hominis lupus, secondo lāantica espressione usata in etĆ precristiana dal commediografo latino Plauto e poi ripresa, in etĆ moderna, dal filosofo inglese Thomas Hobbes. Ma ĆØ davvero cosƬ? Dove stiamo andando? E cosa ĆØ possibile sperare? Ne abbiamo parlato con Paola Ricci Sindoni, docente di Filosofia morale e religioni allāUniversitĆ degli Studi di Messina, giĆ presidente nazionale dellāAssociazione āScienza & Vitaā nellāultimo triennio. La studiosa dĆ Ā unoĀ schiaffo, sonoro, ai laicisti incalliti. Senza Dio, dice, non puĆ² esserci una morale condivisa.
Professoressa Ricci Sindoni, gli episodi di violenza sembrano aumentare, nei confronti di chi appare un nemico o un ostacolo alla nostra libertĆ , di chi ĆØ debole o diverso, per colore della pelle, orientamento sessuale o condizione sociale. Che succede?
āSuccede che ci sono modelli culturali che vanno tramontando, fondati valori morali condivisi. Il rispetto per lāaltro, lāattenzione allāaltro, la capacitĆ di relazionarsi allāaltro. Va scomparendo un ethos comune, un terreno etico condiviso che tenga a freno i conflitti personali e sociali.Ā Lo scontroĀ ĆØ nella fisiologia dei rapporti interpersonali e a volte anche a livello personale, ma deve essere controllato e razionalizzato per mantenere un equilibrio, altrimenti degenera in una patologia sociale. Quando viene a mancare lo sfondo valoriale, prevale la legge del piĆ¹ forte e le istanze egocentriche, per cui lāaltro, da persona e soggetto autonomo, uguale a noi, diventa un oggetto su cui indirizzare le nostre pulsioni, positive e negative ā.
āNessun uomo nasce per sĆ© e vive per sĆ©, e tutti viviamo in Dioā, ha detto don Vinicio Albanesi nell’omelia per la messa funebre di Emmanuel, ilĀ nigeriano ucciso a Fermo, nelle Marche. Sono questi i principi a fondamento dellāetica: la responsabilitĆ degli uni verso gli altri e la fiducia nel giudizio di Dio?
āDirei di sƬ. FinchĆ© unāetica laica non mostra la sua efficacia per la pace e il benessere sociale e non ĆØ capace di guadagnarsi un consenso comune, universale, appare verosimile che, senza un riferimento fuori di se stessi e della singola interioritĆ in un Dio personale e trascendente, tutto va a franarsi. Chi stabilisce altrimenti il valore della persona? Diceva Pascal: āPerchĆ© il posto al sole deve essere dellāaltro e non il mio?ā. Solo chi ha unāautentica relazione con lāAltro sa relazionarsi con gli altri, come persone e non come strumenti per la propria soddisfazione. Come dice Papa Francesco, lāaltro, o ĆØ prossimo, come fratello in umanitĆ , o ĆØ il nemico da abbattere, che attenta alla nostra libertĆ , alle nostre abitudini, ai nostri interessiā.
Il cosiddetto āpatto socialeā, fondato sull’utilitĆ della legge per garantire la pacifica convivenza, ĆØ dunque fallito?
āSenza un fondamento forte, il patto sociale non tiene. Non ĆØ sufficiente a svolgere unāazione di pacificazione tra le persone. Frana il terreno comune per unāetica valida per tutti.Ā LāIlluminismo ha svincolato lāetica dal rapporto con la religione, fondandola sulla ragione autonoma. Ma lāetica autonoma degenera in sopraffazione. Ci vuole un criterio oggettivo, un fondamento forte. Tiene solo unāetica eteronoma, che ha riferimento fuori di sĆ©, fondata sulla Giustizia ultraterrena e su una concezione di cosa ĆØ bene e cosa ĆØ maleā.
CāĆØ un rapporto tra la crisi etica della societĆ e la crisi della politica? Ć venuto meno lāethos comune, cioĆØ, un giudizio socialmente condiviso su cosa sia bene e cosa il male?
āCertamente. Lāambito della politica ĆØ il potere, lāambito dellāetica ĆØ la responsabilitĆ . Ma il potere ĆØ una forma di responsabilitĆ , non va demonizzato in se stesso, puĆ² essere a servizio del bene. Se si perde questa finalitĆ essenziale della politica, lāorizzonte del bene comune, allora il potere diventa dominio e prevaricazione, si presta agli abusi. Se lo scenario dellāetica si disgregato, allora ĆØ naturale che sia venuto meno il senso di responsabilitĆ nella politicaā.
Quanto ha pesato il processo di scristianizzazione dellāOccidente in questa deriva etica, sociale e antropologica? E cāĆØ speranza di invertire la tendenza?
āHa pesato molto. Ma ci sono segnali positivi di una inversione di tendenza. Alla fine dellāOttocento e negli anni Settanta del secolo scorso, i sociologi decretavano la fine della religione e il successo della societĆ secolarizzata. La secolarizzazione sembrava compiuta, la fede appariva relegata nei recinti della vita privata. Invece, ci sono i segni che la religione sia riammessa nella sfera pubblica, nella vita sociale. I seminari della Chiesa cattolica sono stati riaperti per la crescita delle vocazioni, le associazioni laicali, come il Rinnovamento nello Spirito, vivono un nuovo fermento e hanno ripreso vigore. Dunque, la fede e la religione non si possono spiegare soltanto attraverso categorie storiche-sociologiche. Certo, ci vuole tempo. Siamo sullāonda lunga della secolarizzazione. Ma i segnali di un cambiamento di rotta generano ottimismo. Soprattutto grazie alla figura carismatica di Papa Francescoā.
Papa Francesco ha detto che le istanze riformiste di Lutero erano corrette, lāesito scismatico no. Questo Pontefice sembra sulla via di realizzare le grandi profezie sullāunitĆ Ā delle chiese cristiane. Ć cosƬ?
āCerto, questa ĆØ la strada, giĆ tracciata anche dai Papi precedenti. Il processo di pacificazione attraverso la richiesta di perdono per gli errori de passato, per le stragi dei popoli indigeni, verso gli ebrei considerati a lungo gli uccisori di Cristo, per lāInquisizione, ĆØ iniziato con Giovanni Paolo II. Questo movimento per correggere il tiro nellāinterpretazione degli eventi del passato ĆØ un modo per avvicinarsi alle altre religioni. Ma questa tendenza allāunitĆ riguarda principalmente la chiesa cristiana. Diceva Giovanni Paolo II che ĆØ āuno scandaloā che i cristiani siano tutti uguali e tanto diversi. Il primo passo ĆØ verso la Chiesa ortodossa. Aveva iniziato Benedetto XVI questo percorso. Papa Francesco prosegue su questa buona strada. L’unitĆ dei cristianiĀ potrebbe essere anche un baluardo nei confronti del pericoloso imperialismo dello Stato Islamico e dei vai fanatismi religiosi”.
Ć da intendersi in questāottica di riunificazione anche la nuova disciplina per lāammissione dei divorziati ai sacramenti? Per ridurre le distanze rispetto alla Chiesa ortodossa?
āIl lavoro per lāunitĆ va fatto su due piani differenti. Il primo ĆØ quello teologico, dellāelaborazione dottrinale, per cui la Chiesa cattolica deve innanzitutto approfondire lāinterpretazione del primato petrino. Il secondo ĆØ pastorale, cioĆØ, bisogna appunto individuare i punti di comunione, senza svilire il proprio apparato dottrinale, ma anche senza paura di andare avanti. CāĆØ un difficile lavoro di tessitura. Per esempio, sulla questione del celibato. Una disciplina, introdotta storicamente, sulla quale potrebbe esserci unāapertura, proprio suggerita, o rafforzata, dallāincontroĀ interreligioso. Ć una tradizione della Chiesa cattolica, introdotta nel corso della storia, alla quale alcuni cattolici tengono molto. Ma la storia camminaā.