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lunedรฌ Marzo 10 2025

LEGHISTI SVIZZERI CONTRO GLI ITALIANI

Sta facendo scalpore, in questi giorni, il successo dellโ€™iniziativa cantonale โ€œPrima i nostriโ€, promossa in Canton Ticino dalle forze populiste Udc e Lega dei Ticinesi, la consultazione popolare propositiva, cioรจ, volta a stabilire una preferenza nellโ€™assunzione ai lavoratori autoctoni rispetto agli stranieri.

Non รจ una novitร  che i toni, rivolti soprattutto verso i frontalieri italiani, si alzino nelle terre che vanno dal mendrisiotto al Gottardo, da anni si respira un certo fastidio verso i โ€œbadiniโ€ o โ€œgli azzurriโ€, come sono chiamati in maniera dispregiativa gli abitanti della Penisola, che sono accusati, a fasi alterne, di rubare il lavoro o di intasare le strade del cantone ma negli ultimi due anni la questione dellโ€™immigrazione, anche solo professionale, ha raggiunto un livello abbastanza preoccupante, anche se piรน a livello di atteggiamento che di sostanza.

Dopo il voto sullโ€™iniziativa nazionale del febbraio 2014 riferita alla limitazione degli ingressi, anche temporanei, degli stranieri sul territorio elvetico, domenica 25 settembre gli abitanti della Repubblica e Cantone Ticino si sono espressi su un principio discriminatorio nelle assunzioni di nuovo personale volto a tutelare la popolazione autoctona. In pratica si vorrebbe imporre ai datori di lavoro che, a paritร  di titoli e di professionalitร , la scelta dei nuovi lavoratori vada agli abitanti del cantone rispetto che agli stranieri.

Detta cosรฌ potrebbe sembrare anche una norma di buon senso, indirizzata a proteggere la popolazione locale dal dumping salariale che verrebbe originato dal fenomeno dei โ€œfrontalieriโ€ che spingerebbe verso il basso le remunerazioni locali, e che avrebbe giร  applicazione in altri stati, come nella Repubblica di San Marino dove le norme in tal senso sono assai piรน strutturate e restrittive ma, a tutti gli effetti, si tratta di un voto politico, sintomo di una percezione distorta da parte dei ticinesi.
Lโ€™iniziativa va a incidere direttamente sulla Costituzione del Cantone, modificandone sensibilmente diversi articoli e inserendo dei principi che farebbero sorridere piรน di un giurista.

Si va dallo stabilire che il Cantone debba โ€œvigilareโ€ sui trattati conclusi dalla Confederazione (art.4) allโ€™introduzione del principio di preferenza del lavoratore autoctono (art.14, secondo comma) a una pretesa di limitazione della sovranitร  di stati esteri nel segno di una reciprocitร  degli obblighi sanciti dai trattati internazionali conclusi con la Confederazione che non varrebbe, perรฒ, per il Canton Ticino (art. 14, terzo comma, e art. 49, secondo comma) a una, qui doverosa e corretta, norma contro il dumping salariale (art. 50, secondo comma).

Approfondendo il tutto si capisce, comunque, che il dettato dellโ€™iniziativa, che obbligherร  a una modifica costituzionale, รจ abbastanza vago da divenire, nei fatti, di difficile attuazione anche perchรฉ andrebbe contro la Costituzione della Confederazione, in particolare allโ€™art. 8 dove รจ sancito il principio di non discriminazione e gli artt. 166 e 184 che stabiliscono la competenza di ratifica dei Trattati Internazionali. A questo si aggiunga che lโ€™istituto del โ€œfrontalieratoโ€ รจ una delle risorse piรน importanti nellโ€™economia ticinese, dagli investimenti esteri, soprattutto italiani, e dallโ€™indotto originato dai lavoratori stranieri dipende gran parte del benessere della regione.

I frontalieri portano non solo manodopera spesso qualificata ma anche risorse importanti provenienti dalle loro imposte che vanno a finanziare servizi locali dei quali essi non usufruiscono e che possono essere erogati, con coperture ben maggiori, ai residenti. Uno studio di Ubs di qualche anno fa sottolineava quanto fosse importante lโ€™apporto dei lavoratori italiani in Ticino e quanto anche il livello occupazionale fosse figlio di questa particolare struttura economica.

Il richiamo al livello occupazionale, infatti, ha unโ€™importanza fondamentale in questa vicenda: in Canton Ticino il tasso di disoccupazione รจ di circa il 3.1%, perfettamente nel range di quello che viene definito il tasso di disoccupazione frizionale (tra il 3 e il 4%), difficilmente diminuibile poichรฉ rappresenta mediamente il numero di soggetti alla ricerca del primo impiego o temporaneamente disoccupati fra un occupazione e lโ€™altra.

La sensazione, quindi, che i lavoratori stranieri vadano a โ€œrubareโ€ posti di lavoro รจ completamente priva di basi anzi sono proprio questi lavoratori che spingono verso il basso il tasso di disoccupazione creando indotto e bisogni che devono essere soddisfatti, quindi nuovi posti di lavoro. Quello che si potrebbe, invece, rilevare รจ che con il tempo lโ€™afflusso di manodopera qualificata e di professionisti abbia portato i frontalieri a occupare posti di lavoro di livello piรน elevato, rispetto al classico manovale o alla cassiera della Migros, creando, magari, un certo disappunto da parte della popolazione ma questo รจ il mercato del lavoro ovunque, la ricerca di professionalitร  non si puรฒ bloccare con unโ€™iniziativa populistica, cosa che sicuramente la maggior parte dei ticinesi ha pensato disertando le urne che hanno avuto un afflusso solo del 45% degli aventi diritto al voto.

Diciamo, quindi, che il risultato di questa votazione, che ha spinto numerosi titoli in prima pagina dei maggiori quotidiani italiani, รจ piรน un atto politico che una vera e propria chiusura, รจ stata unโ€™iniziativa che ha applicato a un istituto importante di democrazia diretta il principio del click baiting per ottenere visibilitร  da parte delle forze promotrici ma che non porterร  ad alcun concreto effetto nel futuro, anche perchรฉ la limitazione nella libera circolazione delle persone (anche a livello lavorativo) รจ una clausola di decadenza dei trattati di libero scambio con lโ€™Unione Europea, cosa che provocherebbe un danno probabilmente fatale allโ€™economia non solo del Cantone ma di tutta la Svizzera.

Certo รจ, perรฒ, che come termometro dellโ€™aria che si respira oltre confine questo risultato dovrebbe far pensare.

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