“Legge di stabilità e Tfr da rivedere”

L’Italia è ancora nel pieno di una grave recessione economica da cui non si intravede ancora una via d’uscita efficace e duratura. Siamo l’unico paese dell’area Ocse che non è riuscito a dare una spinta forte agli investimenti, alla produzione industriale, alla domanda interna. Abbiamo già perso 25 punti di produzione industriale. Abbiamo tre milioni di disoccupati e quasi il 50% tra i giovani è senza lavoro.  Ma siamo anche ai primi posti per l’ingiustizia sociale e agli ultimi per inclusione sociale. E’ un contesto drammatico, forse il più grave del nostro dopoguerra che ha logorato in profondità la coesione sociale faticosamente costruita in lungi anni di impegno e di lotte sociali. Sono troppi i nodi che frenano la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione. Manca un intervento organico sui fattori che possono facilitare lo sviluppo e gli investimenti a partire da una energia meno cara, meno tasse per chi investe in innovazione e ricerca, nuove infrastrutture,  una riforma vera della giustizia civile e della pubblica amministrazione.

La legge di stabilità contiene indubbiamente delle misure che noi abbiamo giudicato positive come la decontribuzione per chi assume a tempo indeterminato o il taglio dell’Irap. Ma si tratta di interventi insufficienti e generalizzati. Questa è una delle note dolenti della manovra del Governo. Manca una vera svolta sul piano dello crescita dell’economia e del rilancio dei consumi. Abbiamo bisogno di misure selettive per favorire gli investimenti, un piano organico in grado di rilanciare la produzione industriale nel nostro paese. Non ha senso parlare di contratti aziendali e poi non stanziare niente per la detassazione del salario legato agli aumenti di produttività.

Noi abbiamo apprezzato il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti, è una buona operazione per alleviare la sofferenza sociale e sostenere la domanda interna. Ma abbiamo criticato la scelta di escludere da ogni intervento i pensionati la cui metà non raggiunge i mille euro al mese. Se vogliamo far ripartire i consumi dobbiamo sostenere tutti i redditi, a partire dai più deboli. Così come è una scelta sbagliata quella di continuare a bloccare i contratti del pubblico impiego. In sei anni i dipendenti pubblici hanno perso da 2500 a 5000 euro all’anno in termini di potere d’acquisto. Non è più possibile tenere bloccati i contratti di milioni di persone, in un momento in cui si parla di rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e moderna.

Per questo abbiamo protestato nei giorni scorsi e continueremo a farlo fino a quando non arriveranno risposte concrete.  Un altro tema caldo è quello del Tfr. E’ una misura che va cambiata. La spalmatura del Tfr nello stipendio di fatto aggrava il peso del fisco visto che oggi il Tfr ha una tassazione più vantaggiosa. Il lavoratore pagherà più tasse, non meno. Nel contempo aver innalzato la tassazione sulle rendite dei fondi pensione mette a rischio la previdenza integrativa, che rappresenta per i giovani l’unica soluzione per avere garantita una vecchiaia non di povertà. E poi ci sono i tagli inaccettabili ai patronati che svolgono servizi gratuiti per la cittadinanza in regime di sussidiarietà e di convenzione con lo Stato. Ecco perché la manovra del Governo va cambiata. Noi pensiamo che sia indispensabile una politica economica in grado di produrre un ciclo di crescita, di ricostruzione industriale, di responsabilità e coesione sociale. Il Governo deve uscire dall’autosufficienza. Non c’è nessuno che può fare da solo di fronte alla complessità della crisi. E’ indispensabile il dialogo costante con le parti sociali per affrontare i problemi con senso di responsabilità, come del resto avviene in tutti i paesi europei.

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