L’ALTRO VOLTO DELLA MARINA MILITARE La nave diventa ospedale per i più deboli

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Si sono incontrati per caso, in un momento tragico. Haiti, gennaio 2010; l’isola delle meraviglie era appena stata devastata dallo tsunami. Hanno lavorato fianco a fianco per salvare il maggior numero di vite possibili; da quel momento non si sono più lasciati, e ancora oggi stanno insieme. Protagonisti di questa storia sono la Marina militare italiana e la onlus Operation smile che da quel giorno, superata l’emergenza, operano in tandem per restituire il sorriso a tanti bambini affetti da labioschisi o palatoschisi (mancanza di labbra o palato nel neonato). E non è l’unica iniziativa della Marina verso il sociale.

In pochi lo sanno: l’ammiraglia italiana, la portaerei Cavour (il Cavour, come dicono in plancia, dove i nomi della flotta sono declinati tutti al maschile) è definita nel settore “quattro navi in una”, essendo capace di essere utilizzata non solo per il suo ruolo primario (aerei ed elicotteri), ma anche per trasportare truppe o personale da impiegare nelle calamità naturali (con team di soccorso e medici), fungere da ospedale, o da quartier generale per il comando di un’intera Squadra navale.

“Ma quando resta all’attracco nel porto di Taranto si apre al territorio, con una particolare attenzione ai più deboli. E lo fa in tanti modi. Le sale operatorie vengono attrezzate per operare i bambini, sia italiani sia stranieri, con particolari patologie che solo le eccellenze militari possono risolvere, o che non hanno altra possibilità di essere assistiti dal normale servizio di sanità nazionale”. Sono per lo più bimbi sfigurati da malattie a volte altamente invalidanti e che ritrovano il sorriso – nel vero senso del termine – grazie all’opera dei nostri chirurghi. Uno schiaffo a chi percepisce i militari come coloro che pensano solo a uccidere.

Nave Cavour è molto impegnata nel sociale – racconta il vicecomandante, capitano di Fregata Massimo Bonu -. Quest’anno durante il periplo dell’Africa sono stati effettuati 114 interventi su minori africani; nei periodi di non impegno per l’unità, dunque quando la nave è a Taranto, abbiamo effettuato diversi week-end di operazioni a bordo – circa uno ogni due mesi – sempre per bambini bisognosi. Vale la pena sottolineare come sull’Ammiraglia ci siano due sale operatorie, sale per degenza e stanze per accogliere i familiari dei pazienti operati in chirurgia maxillofacciale”.
L’arrivo poi è particolare: i pazienti vengono accolti con i palloncini, si fanno giocare, si raccontano delle storie, gli regalano giocattoli spesso fatti addirittura dal personale di bordo. “Un’esperienza che porteranno sempre nel cuore, anche perché continuiamo a seguire tutti i nostri piccoli amici nel tempo e conosciamo genitori meravigliosi”.

“Sono interventi di particolare rilevanza non solo chirurgica – spiega il tenente di Vascello, Luigi De Marino – perché molti di questi bambini, a causa della loro patologia, vengono praticamente esclusi dalla società, emarginati. Spesso anche all’interno della famiglia, che si vergogna della situazione, di mostrare agli altri il problema che ha in casa. Accade quasi sempre in Africa, ma anche qui da noi la situazione non sempre è migliore”. Quando giunge la nave, arriva la speranza.

“Non solo Operation smile – precisa il capitano di Vascello medico, Fiorenzo Fracasso – ma anche visite oculistiche con l’occhiale confezionato per i piccoli pazienti. E attenzione: il suolo italiano è stato il primo ad essere interessato – e lo è tuttora – da queste iniziative, poi esportate anche all’estero. Un impegno dunque prettamente nostrano, nato da una disponibilità della Marina militare tipica del sentire profondo della nostra terra”. Insomma, Operation smile ha un nome americano, ma un cuore tutto italiano.

“Il Cavour poi si rende disponibile anche ad altro – aggiunge il tenente di Vascello, Sara Vinci -. Ci sono visite delle scolaresche, ma soprattutto adesioni a campagne in favore della ricerca. La nave ospita di frequente giovani con storie difficili alle spalle, che gioiscono nel visitare una città (perché questo e una portaerei…) completamente nuova ai loro occhi. E in più, diversi interventi negli ospedali italiani, che vanno dal regalare cioccolatini “Telethon” ai piccoli pazienti fino al mettere a disposizione consulenze mediche approfondite durante i viaggi in missione, là dove le emergenze sono la normalità”.

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Ma la Marina italiana non apre solo le porte dei suoi gioielli sul mare. Lo fa anche a terra, risultando per la comunità tarantina in particolare un vero e proprio salvavita. Nell’area geografica in questione, infatti, non c’è alcun ospedale che possieda una camera iperbarica. Carenza non da poco, visto che quello della costa pugliese e uno dei mari più belli del Mediterraneo e invita a far escursioni subacquee. Proprio per questo il rischio di soggetti con embolia aumenta, e in quei casi c’è un solo modo per salvare una vita umana: entrare il più rapidamente possibile in una struttura come questa.

“L’ospedale militare di Taranto, 60.000 metri quadri di superficie per 10 branche specialistiche, oggi interforze – spiega il direttore del nosocomio, capitano di Vascello medico Salvatore Mendicini, tarantino di nascita, neurologo di professione -, si è aperto al territorio mettendo a disposizione il suo gioiello, attrezzando una pista di atterraggio elicotteri proprio di fronte all’ingresso della camera iperbarica raggiungibile anche dalle ambulanze in maniera diretta”.  L’ultimo intervento proprio lunedì 22 dicembre, per un caso di intossicazione da monossido di carbonio; un’emergenza risolta con successo.

Ogni secondo è prezioso, e salvare una vita per la Marina – non a caso indiscussa protagonista dell’Operazione Mare Nostrum – e più di un dovere morale, è una missione; importante tanto quanto quelle fatte all’estero nei teatri di guerra o negli interventi di peacekeeping. Loro lo chiamano “dual use”, gli altri la definiscono solidarietà. Amore per il proprio Paese, per tenere alta la bandiera italiana nel mondo, per essere utili ai più poveri, agli ultimi: anche questo è la Marina Militare italiana.

Angelo Perfetti: