Il pudore appare sempre più come un concetto estraneo al mondo dei giovanissimi, così avvezzi all’uso di un linguaggio che definire boccaccesco è un eufemismo. Non è un fenomeno da sottovalutare, né da relegare ad un’innocua curiosità infantile ed adolescenziale. L’essere imbevuti di cultura pornografica fin dalla più tenera età, comporta rischi tutt’altro che trascurabili.
L’allarme è stato lanciato da un gruppo di psicologi, educatori, insegnanti ed esperti di comunicazione riuniti nel Progetto Pioneer. In questo contesto è nato “Mostrami l’Amore”, una sfida della durata di tutto il mese di giugno, per contrastare il fenomeno della pornografia e dell’ipersessualizzazione.
In Terris ne ha parlato con il dott. Marco Scicchitano, psicoterapeuta presidente del Progetto. “Dai nostri riscontri – spiega – emerge che già a otto anni i bambini parlano di relazioni sessuali, conoscendo il modo in cui esse avvengono”.
Dott. Scicchitano, concretamente come è strutturato questo vostro lavoro?
È una campagna di sensibilizzazione sulla pornografia e per la promozione di un’educazione affettivo sessuale sana. Ad ogni fase di sviluppo e ai temi annessi, associamo un sussidio prodotto grazie alle donazioni e dedichiamo cinque giorni di approfondimento con video, articoli scientifici, stimoli multimediali. Il progetto secondo noi è fondamentale e innovativo. Non c’è in Italia nulla di analogo. Puntiamo molto sul coinvolgimento delle famiglie, tramite i social e la campagna di crowdfounidg fondata sul principio della sussidiarietà; come a dire “organizziamoci per darci noi genitori gli strumenti che ci servono”.
Quanto influisce l’accesso a internet sul dilagare della pornografia tra i giovanissimi?
L’accesso ad internet non influisce sul dilagare della pornografia, ma ne è proprio il canale principale. La progressiva diminuzione d’età limite per ricevere in regalo uno smartphone, così come la facilità di accesso ai contenuti pornografici attraverso questi strumenti, fanno sì che i giovani spesso entrino in contatto troppo presto con contenuti sessualmente espliciti e degradanti.
È dunque importante vigilare come genitori sull’uso delle nuove tecnologie da parte dei figli, ma i freni inibitori si sono notevolmente allentati ovunque, nei media e nella cultura di massa. Come preservare l’infanzia da queste influenze pervasive?
Occorre una nuova presa di consapevolezza che deve essere sia familiare, ma anche comunitaria e sociale. Per questo noi porteremo avanti questa iniziativa anche negli anni a venire, perché ci rendiamo conto che è un cammino lungo che necessita del coinvolgimento primariamente delle famiglie, ma anche delle istituzioni, politiche, scolastiche e associative.
Presa di consapevolezza familiare che passa per il dialogo genitori-figli. Come si parla a un bambino?
Direi che non c’è una regola standard, ma c’è una regola aurea. Ogni bambino ha i suoi tempi, ha la sua sensibilità particolare, un contesto affettivo e valoriale di appartenenza. Ogni bambino ha bisogno di un linguaggio che sia tagliato su misura su di lui e sui suoi tempi. I maggiori problemi non sono tanto sui contenuti delle informazioni e delle immagini, ma sui tempi. Il “quando” è fondamentale e molti non se ne rendono conto. È bene quindi aspettare che sia il bambino a porre delle domande o a mostrarsi incuriosito, o prendere iniziativa laddove si percepisca che altrimenti si verrà preceduti da altri. Per questo motivo, noi di Progetto Pioneer pensiamo che sia un errore metodologico non coinvolgere le famiglie nei corsi sull’affettività e sessualità nelle scuole.
Quanto è diffusa la pornodipendenza nelle fasce d’età più giovani? È un fenomeno in crescita?
Sì, è molto diffusa ed è in crescita. Il linguaggio si sta colorando di espressioni captate direttamente nello slang di acronimi e nomi del porno. Praticamente tutti i ragazzi hanno visto pornografia sui device, e molti guardano sistematicamente certi video.
Qualche anno fa sulla rivista “Violence and victims” uscì uno studio, curato dall’Università della Georgia, che associa l’aumento della violenza sulle donne alla diffusione della pornografia, poiché quest’ultima avrebbe relegato il gentil sesso a mero oggetto del desiderio. Cosa ne pensa?
Sono assolutamente d’accordo. L’immaginario evocato dalla maggior parte delle scene porno tende a stimolare le parti più arcaiche dell’istintualità umana, e non a caso. Da clinico con più di dieci anni di esperienza so che un modo per fare soldi è stimolare nei consumatori dipendenze compulsive, irrazionali, reiterate anche se dannose. Bisognerebbe a questo proposito ricordare il cosiddetto #stuprovirtuale. Si è sollevata l’attenzione mediatica su gruppi segreti esistenti nei social, in cui venivano pubblicate foto di donne e ragazze destinate a uso privato per poi commentarle con frasi di violenza e volgarità inaudita. Sono i video porno il luogo dove questi uomini hanno imparato un certo linguaggio e a considerare la donna uno strumento di scarica di pulsioni che non sono solo sessuali, ma anche aggressive e spesso patologiche. Questa realtà è sintetizzata brillantemente in una scena di un recente film.
Quale?
“Lo chiamavano Jeeg Robot”, quando viene descritto il primo incontro intimo tra i due protagonisti. Un amore dolce, segnato dalla compassione e dalla dolcezza, dal desiderio e dalla protezione, che quando finalmente dovrebbe sbocciare nell’incontro dei corpi, decade e svilisce a causa della brutalità con cui il ragazzo è abituato a vivere e concepire la sessualità. Atteggiamento imparato guardando i video porno. “Scusami” – dice poi alla ragazza rimasta interdetta – “non so amare, insegnami tu”.
Da psicologo, ritiene che la diffusione su larga scala della pornografia possa essere correlata alla crisi demografica?
Su ambiti così ampi non posso esprimermi con certezza, dato che ci sono una molteplicità di variabili che bisognerebbe prendere in considerazione per fare affermazioni sensate. Certamente la diffusione della pornografia su larga scala arreca danni allo sviluppo psicoaffettivo dei ragazzi e questo ne compromette le capacità di stabilire relazioni durature e stabili, l’ideale per la nascita e la fioritura di famiglie con numerosi figli.
Sarebbe d’accordo ad oscurare i siti porno?
L’oscuramento dei siti pornografici sarebbe un atto politico e quindi esula dalle mie competenze. In generale comunque io sono favorevole alla censura laddove esprime il buonsenso di obliare contenuti dannosi e volgari. Sono però ancora più convinto che occorre anzitutto che famiglie e singoli si responsabilizzino. Demandare la gestione di questa problematica ad un intervento statale, dal mio punto di vista sarebbe un lavarsi le mani. Dobbiamo darci da fare tutti, e ciascuno al suo posto metterci in azione per mostrare ai ragazzi che è possibile amare con rispetto, pudore, amicizia, condivisione e reciprocità.
Il vostro progetto vi sta portando in molte scuole e parrocchie. Che riscontro state avendo dai giovani?
Ottimo direi, recentemente sono stato a Loreto dove ho incontrato 160 ragazzi, e una mamma entusiasta mi ha scritto questo scambio di messaggi con suo figlio che riporto:
“Sai che ho trovato la pagina Instagram del Progetto Pioneer? ”
“Ah!…allora Davide, cosa dici …ti è piaciuta la conferenza di Scicchitano?”
” Si…si vede che è uno che sa quello che dice. Non come tanti, che dicono dicono e poi..”
“Si?”
” Si… lui si capiva che sapeva cosa diceva..si vedeva da come ci guardava… dagli occhi”
Per me non esiste gratificazione maggiore per il mio impegno che essere considerato da questi ragazzi un testimone credibile di quello che dico. Perché dico loro cose grandi, parlo loro di desiderio e fedeltà, sensualità e rispetto, amore, procreazione e dominio di sé. Che guardandomi negli occhi un ragazzo pensi che io sia sincero mi rassicura.
Giugno volge al termine. In che modo proseguirà il vostro impegno?
“Mostrami l’Amore” è un progetto che andrà avanti ciclicamente tutti gli anni al quale affiancheremo altre importanti iniziative, come una petizione online che lanceremo a settembre per chiedere all’Italia di dar seguito alla Risoluzione con cui l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa invita a contrastare l’ipersessualizzazione dei bambini. Poi faremo incontri di formazione per formatori, con i ragazzi e attività attraverso i social. Ora, come dicevo prima, se abbiamo a cuore il destino di questa generazione, è necessario fare qualcosa e noi lo stiamo facendo con un progetto concreto che sarà a disposizione di tutte la famiglie d’Italia. Abbiamo bisogno del supporto per realizzare il nostro obiettivo, e quindi chiediamo anche ai lettori di In Terris di visionare la nostra pagina, accertarsi della bontà (o meno) del nostro approccio e in caso sostenerci già da oggi sul sito Patreon. Come diciamo sempre, l’atteggiamento che vogliamo conservare è guardare al futuro con speranza e al presente con responsabilità.