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LA “GUERRA MONDIALE” DEL GENDER

“Un padre francese mi raccontava del figlio di dieci anni: alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande’ ha risposto: ‘La ragazza!’. Il padre si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria gender, e questo è contro le cose naturali. Una cosa è la persona che ha questa tendenza, o anche che cambia sesso. Un’altra è fare insegnamenti nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità: io chiamo questo colonizzazione ideologica”. Sono le parole che Papa Francesco ha pronunciato nel volo di ritorno dall’Azerbaigian. Il Santo Padre, pungolato dai giornalisti, è tornato nuovamente sul tema e sul discorso della famiglia naturale. L’“indottrinamento della teoria gender che oggi si fa è un cattiveria”, ha detto. Già durante l’incontro con i sacerdoti, i religiosi e le religiose nella Cattedrale di S. Maria Assunta a Tbilisi lo avevamo ascoltato dire che oggi c’è “un grande nemico” del matrimonio, questa teoria, e c’è una “guerra mondiale per distruggere il matrimonio” che si combatte non con le armi ma con le idee.

Tutto è iniziato col movimento Lgbt sorto attorno ai primi anni ottanta negli Stati Uniti per contestare che nella nostra cultura occidentale prevale la tendenza a considerare accettabili solo due modalità alternative di presentazione sessuale: maschile o femminile a seconda dell’aspetto esteriore del corpo biologico; questi sarebbero degli stereotipi culturali relativi ancora oggi molto diffusi e particolarmente rigidi. E allora si definisce l’identità di genere di un individuo il sesso a cui, indipendentemente dalla sessualità biologica, si sente di appartenere.

Da qui nasce il termine “transgender”, attraverso il quale si possono identificare tutte le persone che non si sentono racchiuse dentro lo “stereotipo di genere” normalmente identificato come “maschile” e “femminile”. Secondo degli studi risalenti al 1975 il processo di formazione dell’identità di genere avviene attraverso il superamento di quattro “cancelli” che l’essere umano si trova a superare, dal concepimento all’apprendimento del linguaggio. I primi tre dipendono dal genoma, i cromosomi e gli ormoni. Il quarto e ultimo cancello si aprirebbe dopo la nascita e sarebbe determinante per l’identità di genere: è quello psicologico. Chiuso questo, attorno ai tre anni di vita con l’apprendimento del linguaggio, il bambino – secondo tale teoria – ha definitivamente strutturato la sua identità di genere definendosi come maschio o come femmina.

In tanti definiscono questa serie di cognizioni devastanti in quanto disorientano e confondono negando da una parte le differenze sessuali, dall’altra la reciprocità e la complementarietà tra uomo e donna. In Italia sempre più frequentemente genitori allarmati segnalano addirittura asili nido dove viene propagandata la cosiddetta “gendercrazia” con favole o libretti costruiti appositamente per i piccolissimi, nei quali si spiega che è normale la presenza di famiglie con due mamme o due papà. Chi prova a ribellarsi, chiedendo quanto meno spiegazioni più dettagliate su come vengano educati i propri figli, viene tacciato di omofobia, insultato e isolato.

Ricordiamo – tanto per citare solo uno dei numerosissimi esempi – lo spot di una nota azienda che aveva lanciato una nuova linea di pannolini, uno appositamente pensato per i maschietti, l’altro per le bambine. “Lei penserà a farsi bella, lui a fare goal. Lei cercherà tenerezza, lui avventure. Lei si farà correre dietro, lui invece ti cercherà. Così piccoli e già così diversi”, recitava la pubblicità. I “paladini del gender” hanno aspramente condannato lo spot in quanto rafforzava “consolidate differenze di genere anziché combatterle”.

In alcune scuole elementari si fa il “gioco del rispetto” dove, presentando le figure di alcuni mestieri, si mostra come i due siano assolutamente uguali e i ruoli (compresi i vestiti) di maschietti e femminucce si possano tranquillamente scambiare. In Svezia, la parificazione di genere ha una priorità centrale all’interno degli impegni dello Stato: nelle agenzie governative, ma anche nelle scuole materne, è usato il termine “hen” per indicare il genere neutro.

Ci sono anche altri riferimenti posti in modo subdolo e strisciante all’insaputa di molti. Come quello del decreto “Buona Scuola” che al comma 16 richiama la Convenzione di Istanbul nella quale si prende a piene mani dall’ideologia “gender”, affermando che non si è uomini o donne per nascita biologica, ma perché lo impone la collettività, con i suoi “ruoli, comportamenti, attività e attributi”.

Anche all’interno del mondo della moda si è diffusa la tendenza al “genderless” o “gender free”, con abiti e accessori liberi al 100% da connotazioni di genere, diventando né maschili, né femminili, ma neutri. Chi segue questo trend afferma addirittura che adulti e ragazzini possono indossare gli stessi capi, scombussolando ancora di più le distinzioni tra il ruolo dei genitori e quello dei figli.

Alcuni attraversamenti pedonali, a Vienna, mostrano sui semafori simboli raffiguranti coppie gay. A Berlino i cartelloni affissi in strada non prevedono distinzioni tra uomini e donne; i bambini non sono più indicati con il colore azzurro e le bambine con il rosa, né c’è più il disegnino del bimbo che gioca con le macchinine e le bimbe con le bambole. Anche i bagni, in Germania, Inghilterra, Stati Uniti, seguono queste linee guida, ovvero non presentando distinzioni tra uomo e donna. Persino nella Casa Bianca è stata allestita una toilette “gender-neutral”, mentre all’ospedale pediatrico di St. Louis, nel Missouri, è stato realizzato il primo club per bambini transgender. Facebook permette agli utenti di iscriversi selezionando, oltre a “maschio” e “femmina”, almeno altri 70 generi.

Dinanzi a tutto questo Papa Francesco, nel viaggio in Georgia e Azerbaigian, ha detto che “l’indottrinamento della teoria gender che oggi si fa è un cattiveria” ed è una “guerra mondiale per distruggere il matrimonio” che si combatte non con le armi ma con le idee. Secondo il Pontefice “fare insegnamenti nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità” si chiama “colonizzazione ideologica”.

Con molta chiarezza, nell’enciclica Laudato sì, il Pontefice non ha mancato di citare Benedetto XVI allorché affermava che esiste una “ecologia dell’uomo” perché “anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere”. “Non è sano – ha aggiunto – un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”. In altre occasioni ha definito gli studi di genere come “sbaglio della mente umana che crea tanta confusione”. Oppure come un’ideologia “inquietante” come tutte quelle che tentano di imporre “un pensiero unico” anche nell’educazione dei bambini.

In ogni caso, come ribadito sempre da Bergoglio, le parole d’ordine della Chiesa sono “accogliere, studiare, discernere e integrare”. Le persone, infatti, secondo il vescovo di Roma, “si devono accompagnare, come faceva Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriverà davanti a Gesù, lui sicuramente non dirà: vattene via perché sei omosessuale… È un problema umano, e si deve risolvere come si può, sempre con la misericordia di Dio”.

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