La farsa del credito d’imposta

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Volete capire perché il pil italiano nel 2015 crescerà solo dello 0,5% nonostante il mini euro, il mini barile di petrolio e il Qe senza freni della Bce di Mario Draghi? Volete capire perché, in un anno intero, il governo Renzi ha saputo creare solo 13 nuovi posti di lavoro? Allora dovete calarvi nell’inferno della burocrazia italiana, quella che non è capace di utilizzare il buonsenso per gestire e che da quando è iniziata la peggiore recessione del secondo dopoguerra ha fatto e sta facendo di tutto per boicottare le manovre anticicliche dei vari governi.

Ecco una storia vera dal campo dell’impresa. Giugno 2012, cioè circa tre anni fa. L’allora governo di Mario Monti, su proposta del supertecnico Corrado Passera, vara una norma per favorire gli investimenti e le assunzioni in ricerca. È il cosiddetto Decreto Sviluppo Italia: introduce un credito di imposta per le assunzioni di dottori di ricerca in materie ingegneristiche e scientifiche pari al 35% dello stipendio annuo. Si punta a fare 4 mila assunzioni annue e a contenere la fuga dei cervelli. Senza i migliori cervelli il pil non cresce, sanno bene Monti e Passera, un concetto che alla burocrazia de’ noantri ancora sfugge.

Bene, le aziende assumono i Ph.D in ingegneria, fisica e matematica nel 2012 e pagano loro lo stipendio pieno e iniziano ad attendere l’entrata in vigore del credito di imposta. Attendono fino al settembre del 2014 quando la ministra Federica Guidi, brava lei, rende operativa la piattaforma per presentare le domande (una piattaforma cervellotica zero intuitiva per le pmi). Parte il clickday. A febbraio, finalmente, le imprese, quelle più fortunate ovviamente perché molte ancora sono in attesa di sapere l’esito dell’istanza relativa al 2012, ricevono dal Mise l’agognata risposta: il credito di imposta relativo alle assunzioni fatte nel 2012.

Non vi illudete però, il credito non è ancora operativo perché deve essere comunicato al Mef che deve rendere attivo il cassetto fiscale. Morale: due mesi alla burocrazia italica non bastano per rendere operativo un credito di imposta dal Mise al Mef via cassetto fiscale. Siamo nella googlenomics ma nella burocrazia si vive in un’altra galassia. Quindi ad oggi, dopo tre anni dalle assunzioni, il credito di imposta è tutto sulla carta. E se una pmi ha sbagliato a caricare i dati? Se ha caricato solo i dati del 2012 e non anche quelli del 2013 relativi ai costi dello stesso personale? Apriti cielo perché la burocrazia disconosce buste paghe e documentazione Inps: i Ph.D sono stati pagati, hanno fatto ricerca ma il Mise non ti dà il credito di imposta che gli spetterebbe perché solo la piattaforma fa fede. La legge è chiara: il credito di imposta spetta per 12 mesi e non pro rata ma al Mise il buonsenso gestionale è poco noto.

In tutta questa follia che neutralizza e, nei fatti, disattua una norma pensata per arginare gli effetti della recessione su investimenti e occupazione, il credito di imposta per le assunzioni fatte nel 2014 sarà richiedibile solo nel gennaio 2016. Poi ci sarà da fare un viaggio a Lourdes e accendere un cero alla Madonna pregandola di far sì che il cassetto fiscale non faccia le bizze.

Può crescere il pil con una burocrazia del cavillo come quella descritta? Ovvio che no. C’è un’unica consolazione: anche i burocrati annegheranno nella barca Italia che stanno facendo affondare non usando mai il buonsenso e minando irreparabilmente i meccanismi che generano pil e occupazione.

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