LA DIVERSITA’ MENTALEUNA SFIDA ALL’EGOISMO

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Buio in sala. Le luci si accendono, qualche secondo di silenzio e in scena entrano Anastasia e Genoveffa insieme alla crudele matrigna di Cenerentola. Tutto procede secondo il copione della popolare fiaba, con una particolarità che rende l’interpretazione speciale: gli attori sono ragazzi con forti disturbi mentali. Teatro, arte, comunicazione usati come “cura” e inclusione sociale per giovani disagiati. Gabriella Guidi Gambino segue con gli occhi lucidi, intimamente soddisfatta del lavoro portato avanti con grande dedizione e sacrificio. Da ventisette anni si occupa di persone in difficoltà mettendo al centro la creatività e la fantasia. “Tutto è cominciato nella primavera del 1986 quando con mio marito Agostino e un gruppo di amici abbiamo creato Il Cantiere, un’associazione che proponeva laboratori di recitazione e giornalismo insieme alla comunità CeIS di don Mario Picchi che si occupava del recupero di tossicodipendenti”. Il teatro è un’esperienza altamente formativa per questi ragazzi che con la comunicazione cercano di esprimere le loro potenzialità creative, “così abbiamo notato che conoscevano meglio se stessi e diventavano migliori, era come una medicina”.

Con il tempo poi Gabriella ha cominciato a dedicare tutte le sue energie a ragazzi con forti disturbi psichici: “La mattina utilizzo il mio tempo scrivendo, riordinando i pensieri, anche sull’onda delle emozioni che questi ragazzi mi trasmettono. Ho appena ultimato un libro che racconta l’avventura del Cantiere. Il pomeriggio poi sono tutta per loro. Sono persone che a vederle così non penseresti che sono disagiate. Ma l’autismo, il ritardo mentale, le forme di chiusura con l’esterno li rende molto fragili, abbiamo dato loro la possibilità di esprimersi”. Uno schiaffo alla cultura imperante dello scarto. Ormai c’è un vero zoccolo duro al Cantiere, “alcuni non ci mollano più, sono cresciuti nell’associazione e stanno con noi da dieci anni. Siamo diventati una famiglia per loro”. Nonostante la fatica e le difficoltà che comporta seguire ragazzi disagiati, Gabriella racconta la sua attività col sorriso: “E’ come un diario sociale di amicizia, sofferenze, solitudini, che ti fa vivere intensamente”. Poi spiega come si è avvicinata a questo mondo, mettendo la sua vita al servizio degli altri: “Ho voluto unire la mia passione per il restauro, la scrittura, il giornalismo, la telecamera, il teatro con il volontariato che portavo avanti a Villa Maraini, unendo così la solidarietà ai giovani problematici. E ho visto che un cambiamento c’è stato. Le famiglie mi chiamano per ringraziarmi e l’associazione diventa un punto di riferimento anche per loro. Un giorno qualcuno ha definito i nostri laboratori una scuola di vita”. Proprio per le famiglie infatti l’associazione rappresenta un momento di respiro dalle difficoltà quotidiane.

La particolarità che fa del Cantiere un’esperienza unica è che accanto a ragazzi disagiati ci sono anche gli studenti dell’Università Europea di Roma che possono scegliere di seguire i laboratori, in prima battuta per ottenere i crediti formativi, e poi per operare nel settore del volontariato. “Lavorano tutti insieme facendo le stesse identiche cose. L’integrazione è molto importante, l’incontro tra disagio e normalità fa bene ad entrambi ed ha un effetto trainante. Ho visto ragazzi autistici galvanizzarsi di fronte agli studenti – racconta Gabriella – gli sembra un incentivo a migliorarsi. E dal canto loro gli studenti scoprono nel disagio cose che prima non avrebbero mai immaginato come può essere un semplice sorriso, una battuta, instaurando una comunicazione importante in tutte e due le direzioni”. C’è molta ricchezza in questo scambio, tanto che spesso gli studenti dimenticano i crediti formativi, e instaurano vere amicizie.

L’autismo poi è una problematica particolare, se ne parla poco e spesso si ha una visione distorta della malattia. Gabriella è la testimone diretta di come si possa aprire un canale diretto di emozioni: “Si dice che il ragazzo autistico abbia una grande intelligenza interiore,sensibilità e capacità di fare. E’ così: i nostri scrivono, disegnano, recitano. Cerchiamo di sollecitare il loro ingegno nelle attività che facciamo”. Che il teatro sia un vero toccasana per i ragazzi affetti da autismo lo rivela anche uno studio americano pubblicato su “Autism Research” ma basta osservare la vita di Gabriella per capire che quella è la strada giusta.

Sara Sbaffi: