Illustrissimi Sua Santità Papa Francesco, Antonio Guterres, David Sassoli, Giuseppe Conte,
vi ricordate di Aylan Kurdi, il bambino di tre anni con maglietta rossa e pantaloncini blu riverso sulla spiaggia in Turchia? La sua foto ha fatto il giro del mondo, ma non ci ha insegnato niente. Vi ricordate il ragazzino di 14 anni che viaggiava verso l’Italia con la pagella cucita nella giacca, per dimostrare che era degno di stare nel nostro Paese? E’ morto nel Mediterraneo, senza che nessuno lo potesse piangere. Anche lui non ci ha insegnato nulla.
Solo nei primi 4 mesi del 2019 nel Mediterraneo sono morte 422 persone, più di tre al giorno. In media si tratta della percentuale di morti più elevata sul totale delle partenze dal 2014. Dal 2014 a oggi non abbiamo ancora imparato nulla. E soprattutto queste sono soltanto le vittime accertate. Di tutte le altre non possiamo neppure stabilire un ordine di grandezza. Sappiamo soltanto che per un migrante al quale possiamo per lo meno dare sepoltura, ce ne sono almeno dieci di cui nessuno rivendicherà il corpo. Dispersi senza neanche una tomba su cui deporre un fiore.
In questi anni abbiamo imparato a parlare il linguaggio dell’immigrazione. Flussi, accoglienza, integrazione sono diventate parole del lessico condiviso. C’è solo un protagonista rimasto colpevolmente ai margini di queste dinamiche epocali pur essendone l’epicentro: il migrante ignoto. Un numero incalcolabile di persone svanisce nei viaggi della speranza. Vite innocenti, ingannate dai mercanti di illusioni, inghiottite dagli abissi dei deserti, dei mari e di altre lande desolate. Sono neonati, bambini, mamme e ragazzi giovanissimi che attraversano le periferie geografiche ed esistenziali di un mondo indifferente e ostile. Sono gli invisibili di cui si perdono le tracce in viaggi rocamboleschi o nei luoghi di approdo che però divengono terra di nessuno, riserva di caccia della tratta di esseri umani e delle più inconfessabili pieghe oscure delle nostre società “avanzate”. Purtroppo i migranti finiscono nelle cronache di Tv e giornali solo quando vengono caricati a bordo di imbarcazioni di soccorso. Di tutti gli altri disperati, degli “sbarchi” fantasma, delle vittime dei trafficanti di carne umana nessuno sa nulla, nessuno si preoccupa, nessuno apre per loro l’agenda delle priorità nazionali e comunitarie. Eppure i migranti ignoti, scomparsi nel silenzio indifferente e complice delle “tombe d’acqua” o dei passeur di frontiera, costituiscono la grande maggioranza dei flussi migratori. Perciò diventa opportuno dedicare loro una giornata in grado di sensibilizzare l’opinione pubblica e di educare le coscienze, soprattutto delle nuove generazioni, su un fenomeno doloroso e ineludibile del terzo millennio globalizzato. Chiunque se ne farà promotore dimostrerà di saper divenire lievito nella massa e di riuscire a leggere i segni dei tempi. Istituzioni, terzo settore e cittadini consapevoli sono chiamati a condividere un’occasione di impegno concreto.
Da qui un accorato appello all’Onu, all’Europa, alla Santa Sede e al Governo Italiano, che da anni cooperano sul fronte dell’accoglienza, affinchè venga istituita una Giornata del Migrante Ignoto. Il Mar Mediterraneo è diventato un Olocausto odierno. Per istituire la Giornata della Memoria per le vittime di quel genocidio ci sono voluti 60 anni, non aspettiamo altrettanto per quello che stiamo vivendo oggi. Ciò costituirebbe la testimonianza collettiva di una necessaria mobilitazione dei popoli e delle coscienze di fronte ad un’emergenza divenuta ormai contingenza quotidiana. Nessuno può fingere di non sapere che suo fratello svanisce nelle fauci della disperazione.
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