Israele e Palestina non riescono ad accordarsi neanche sull’ora legale. Quest’anno il divario è stato solo di due giorni, con i palestinesi tornati all’ora solare nella notte fra giovedì e venerdì e gli israeliani, in linea con l’Europa, che hanno spostato le lancette degli orologi alle prime ore di domenica. Ma l’anno scorso la differenza oraria in autunno è durata la bellezza di un mese, creando moltissime difficoltà nella vita quotidiana dei due Paesi, che sono assolutamente interconnessi.
E a complicare le cose, spiega un articolo uscito sul New York Times, non sono solo ragioni politiche ma anche religiose. In passato Israele ha rinviato il cambio dell’ora su pressione degli ultraortodossi per tutelare le festività ebraiche, che iniziano e terminano all’ora del tramonto. Quest’anno, invece, il governo ha scelto di allinearsi all’Europa anche perché i partiti religiosi sono all’opposizione.
Ma il fattore religioso influisce anche sulla componente palestinese: quest’anno infatti, questa è tornata all’ora solare di venerdì, giorno di riposo e preghiera per i musulmani. Nel 2011, quando il mese sacro di digiuno del Ramadan è caduto in piena estate, i palestinesi non hanno fatto altro che spostare gli orologi: il primo agosto sono tornati all’ora solare, il 30 agosto a quella legale e il 30 settembre di nuovo a quella solare, due giorni prima di Israele. Se tutto questo sembra un po’ complicato, si può aggiungere che per due volte vi sono state differenze orarie anche fra la Cisgiordania, guidata dai palestinesi laici di Fatah, e la Striscia di Gaza sotto il controllo degli islamisti di Hamas.