“Ai tavoli delle trattative siedono solo coloro che hanno interessi economici e politici sulla Siria. A noi, vere vittime della guerra e veri amanti della Siria , l’unico diritto che è lasciato è quello di scegliere come morire in silenzio. Ma noi, nel rumore assordante delle armi, rivendichiamo il diritto a far sentire la nostra voce…”. Questo l’appello che Hsyan Abd El Rahim, insegnante di scuola elementare originario della zona di Homs, in Siria, rivolge alla comunità internazionale a nome di tanti altri che, come lui, sono stati costretti a fuggire dalla propria patria trovando asilo nel confinante Libano.
Oggi El Rahim si trova alla Camera dei Deputati italiana, per rivolgere una “Proposta di Pace per la Siria” ai rappresentanti del Parlamento e alle Associazioni. Il documento è stato elaborato in collaborazione con i volontari di Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, che dal 2013 opera in alcuni campi profughi del Libano. “In Terris” lo ha raggiunto telefonicamente per capire in cosa consiste questa Proposta e per conoscere la sua esperienza.
Qual è la sua storia personale?
Facevo l’insegnante in una scuola elementare nella mia zona d’origine, nei pressi di Homs. Nel 2011, come attivista per i diritti umani, ho preso parte alle manifestazioni di protesta nei confronti del regime siriano per chiedere maggiori libertà. Le forze armate, tuttavia, hanno reagito fin da subito in modo violento a queste richieste, costringendo molti attivisti, tra cui me, a fuggire dal proprio Paese. È così che sono andato in Libano, nell’agosto 2012. Qui ho iniziato a contribuire nel campo della sanità e dell’istruzione nei confronti di altri rifugiati siriani.
La guerra siriana sarebbe stata dunque innescata dalla repressione del governo verso manifestazioni pacifiche?
Posso garantire che all’inizio, nel 2011, le manifestazioni erano pacifiche. Alla repressione attuata dal regime, all’insegna di arresti di massa e di cariche in strada nei confronti dei manifestanti, è seguito uno scontro. Di qui la nascita dell’Esercito libero siriano (gruppo armato di opposizione al governo siriano, ndr) ed è scaturita la guerra civile.
Non crede che attori esterni abbiano influito volontariamente sulla destabilizzazione della Siria?
Fin quando sono rimasto in Siria anch’io, nel 2012, non c’era ancora il sentore che attori esterni stessero influendo su quanto avveniva. Parliamo però di cinque anni fa, di eventi ne sono accaduti tanti in questo lasso di tempo…
Come si attua concretamente la vostra proposta alternativa alla violenza?
Il Libano sta accogliendo milioni di profughi siriani. Considerando che si tratta di un piccolo Stato, siamo di fronte a un ingiustizia, perché viene sovraccaricato di questo peso e delle conseguenze della guerra in Siria, che negli anni si è aggravata con l’affermazione dello Stato Islamico. Anche le associazioni che lavorano sul territorio libanese, non riescono più a gestire l’emergenza. Oggi è assicurata soltanto l’assistenza alimentare e nemmeno a tutti, ma solo a una piccola parte dei rifugiati. La Proposta nel concreto è quella di creare in Siria una zona neutrale, sotto la protezione non di gruppi armati ma della comunità internazionale, in cui trasferire i profughi che attualmente sovraffollano i campi del Libano.
Questa è una soluzione transitoria. Per il futuro vede una Siria ancora governata da Assad?
Il mio augurio è che nella Siria del futuro non ci sia spazio per un regime repressivo come quello di Assad, ma che vi sia piuttosto democrazia, coinvolgimento di tutte le espressioni della società civile e rispetto dei diritti umani.
Esiste una vera e propria tratta dei profughi. Conosce questa realtà?
Da quella che è la mia esperienza, non mi risulta ci sia un traffico di uomini né sulla tratta che percorrono i siriani per fuggire in Libano né in quella per raggiungere l’Europa. Il punto è un altro. Si tratta di percorsi molto rischiosi e difficili. Ho amici che sono morti lungo questi tragitti. È un vero calvario fuggire da una guerra, spesso senza nemmeno avere la possibilità di portare con sé i documenti. Ritengo dunque auspicabile creare altri corridoi umanitari.
C’è pericolo che estremisti si infiltrino tra i profughi che fuggono dal Medio Oriente?
Non ho né mai incontrato e conosciuto persone sospette né mai sentito raccontare di infiltrazioni di estremisti tra i profughi. Si tratta di gente disperata, spesso famiglie intere, che chiedono solo dignità.
In Italia è acceso il dibattito sullo ius soli. Lo ha seguito?
Non ho seguito molto. È una questione che riguarda gli affari interni italiani. Piuttosto questa domanda dovrebbe essere rivolta ai miei connazionali siriani che vivono nel vostro Paese.