INTERNETMANIACI

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Sul pullman delle 7 incrocio Matteo, seconda superiore, col suo smartphone tra le mani, che per 45 minuti su wathsapp commenta col suo vicino di casa i goal della domenica sportiva. Poi c’è Sarah, classe ’99, che a pranzo fatica a non pensare al suo tablet con cui vorrebbe rinchiudersi in camera tutto il pomeriggio per vedere film del suo paese. All’oratorio invece incontro Lorenzo che, nonostante i suoi 10 anni, si nasconde perfino in sagrestia pur di catturare un pokemon. Scene di ordinaria quotidianità che non stupiscono se non fosse che in questa internetmania sono coinvolti sempre più adolescenti. Il web, lo strumento di comunicazione che abbatte le frontiere e riduce le distanze, e con cui attingere a sempre nuove informazioni, per 1 adolescente su 5 è infatti diventato un costante compagno di viaggio, un amico onnipresente fino ad occupare una media di 18 ore su 24 al giorno. Secondo gli esperti, in questi casi dall’uso si passa all’abuso e alla vera e propria dipendenza.

Si chiama Iad ovvero Internet Addiction Disorder. Il termine, coniato nel 1995 da Ivan Goldberg, docente della Columbia University di New York, oggi è diffuso anche in Italia grazie allo psichiatra Tonino Cantelmi che è stato il primo a descriverne nel 1998 le caratteristiche. Lo Iad presenta diverse forme che vanno dalla game dipendenza al sexting (scambio di materiale pornografico e di messaggi di tipo sessuale). E ancora, dall’info surfing (ovvero la dipendenza dalla ossessiva ricerca di notizie) o dalla net compulsion (abuso di shopping online) al gambling (dipendenza da gioco d’azzardo online). L’abuso della rete, secondo il rapporto 2016 di Telefono Azzurro, risalta soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 12 e i 18 anni. Il 25% è sempre online, il 21% soffre di vamping ovvero si sveglia durante la notte per controllare i messaggi su whatsapp. Il 78% dichiara di non staccarsene mai e di comunicare quasi sempre tramite chat coi genitori. Ma preoccupante è soprattutto l’età in cui gli adolescenti italiani accedono alla rete. Il 48% dichiara di aver creato il suo profilo su Facebook prima dei 13 anni (età minima per registrarsi) mentre il 71% ha ricevuto in regalo uno smartphone mediamente a 11 anni. Il 38% usa internet per gli acquisti (con carta dei genitori). Questi ultimi non sono da meno. Il 68% dichiara di comunicare coi propri figli tramite whatsapp. E per questo non sorprende che anche il 21% di adulti soffra di vamping.

Alienati

Tonino Cantelmi li chiama i “disadattati del terzo millennio” quelli per i quali la relazione è stata sostituita dalla connessione. “È più facile e appare più soddisfacente, esalta l’emotivismo, è provvisoria e senza garanzie di durata. Una relazione autentica implica invece interesse per l’altro, voglia di mettersi in discussione e di crescere. Il problema è che dopo la sbornia di relazioni digitali uno si trova più solo di prima. Quel che sembra ci abbia liberato in realtà ci ha reso schiavi. Sempre lì a twittare, condividere, senza più differenze tra giorno e notte, tra feriale e festivo, viaggiamo verso una colossale dipendenza dalla connessione”.

Ed è così per gli adolescenti: quando diventano dipendenti mettono la testa fuori dalla camera solo per mangiare anzi, in assenza dei genitori sempre più impegnati fuori per lavoro, si abituano anche a portarsi i viveri sotto il letto e si dimenticano persino di lavarsi. La Iad li porta pian piano a lasciare la scuola e pure lo sport. D’altra parte si sono abituati a star svegli fino alle 4 del mattino ed essere incollati al computer o allo smartphone per 18 ore al giorno.

Il primo Centro per adolescenti dipendenti compie un anno

Per aiutare questi ragazzini a uscire da questa nuova droga è nato nel gennaio 2016, nel Policlinico Gemelli di Roma, in collaborazione con la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, il primo “Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da web” ovvero un Centro multidisciplinare per la cura di bambini e adolescenti che presentano ritiro sociale, dipendenza da internet e psicopatologie legate al cyberbullismo. La causa è spesso nei genitori apprensivi che preferiscono non far uscire i propri figli per averli “sotto controllo” o saperli in casa al sicuro. La paura di quello che c’è fuori fa dimenticare quello che può essere rischioso in casa, diventando troppo permissivi proprio sull’uso delle moderne tecnologie. Questo significa che invece di frequentare i luoghi di aggregazione classici (scuola, palestra, giardini pubblici, oratorio) i ragazzi frequentano la rete, come unico spazio di socializzazione. Il ragionamento è semplice: nelle chat posso cercare amici o l’altra metà e chattare finché mi pare, su Facebook e Instangram diffondo foto e video a volontà, costruendo il mio profilo come mi piace e se mi voglio divertire i giochi multiplayer – in primis gli “sparatutto” – non chiudono mai le saracinesche. Infine se voglio fare acquisti ho tutto a portata di un click. Che male c’è? Quasi ci si scorda che le relazioni autentiche non sono fatte di emoticon e “mi piace” ma di abbracci, strette di mano, corse in bicicletta o anche litigate, piedi pestati, pallonate in faccia.

Quali sono i sintomi della dipendenza da Internet?
“Generalmente, l’adolescente dipendente trascorre una grande quantità di tempo in rete perdendo completamente la cognizione del tempo (più di 15 ore al giorno). Altro fattore caratteristico la facile irritabilità. L’adolescente troppo connesso mostra una forte aggressività quando viene ‘distratto’ dalla rete e un’insofferenza apparentemente immotivata quando non può restare collegato. Altro campanello d’allarme: tende ad usare internet anche in contesti che non lo permettono e arriva a trascurare gli impegni quotidiani: studio, sport, igiene e persino le amicizie. Spesso a questi sintomi si associano altri disturbi come perdita di peso, disturbi del sonno, cefalea, problemi alla vista, sindrome del tunnel carpale etc… Accade soprattutto nei cosiddetti ‘nativi digitali’ (la E-Generation), nati nel tempo della diffusione di massa di PC e cellulari che ritengono naturali compagni di vita. Così è cambiata pure la modalità di apprendimento che, da “narrativa” ovvero basata sulla funzione riflessiva, è passata ad essere ‘multitasking’ ovvero basata sull’assimilazione veloce di più cose in contemporanea, favorendo la possibilità di incappare in varie forme di dipendenza”.

Come liberarsi dalla dipendenza da Internet?
“Da soli non si può. Il problema riguarda sia i piccoli che gli adulti che li circondano, in primis la famiglia. La radice di ogni forma di dipendenza è legata inevitabilmente all’assenza genitoriale. Sono gli adulti stessi ad essere stati per primi sedotti da internet. E l’abuso di internet spesso non è dovuto dal ritiro sociale dei figli ma prima ancora dal ritiro relazionale dei genitori. È fondamentale che essi passino più tempo coi propri figli, dedicando loro occasioni di dialogo faccia a faccia e di espressione anche gestuale della loro presenza. Il primo passo è rafforzare nei figli la propria autostima. Occorre cambiare abitudini, riservando ad Internet un tempo della giornata definito insieme. È utilissimo anche impegnarsi in attività alternative come sport e hobby. Nei casi più gravi, non bisogna aver timore di affidarsi a psicoterapeuti esperti per aiutare la persona dipendente ad uscirne in modo definitivo, insieme ai suoi familiari. Un esperimento interessante lo hanno tentato i giornalisti di ‘The Guardian’ che hanno chiesto ad un campione di adolescenti inglesi fra i 13 e i 18 anni di fare a meno dei loro smartphone per qualche giorno, per capire come funziona la più forte ‘arma di distrazione di massa’. Hanno trovato più tempo per studiare, leggere, fare sport, dormire e scoprire pure che i genitori per primi sono “schiavi” di smartphone e tablet. Varrebbe la pena tentare lo stesso esperimento anche in Italia ma prima di tutto proprio tra gli adulti”.

Irene Ciambezi: