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INFANZIA IN CARCERE

“I bambini in carcere non dovrebbero stare”. Con quest’affermazione, che appare lapalissiana, il Sottosegretario al Ministero di Giustizia Federica Chiavaroli ha concluso i lavori del convegno su “Minori in carcere”, giovedi 22 settembre in Senato, a Roma, promosso dall’Unione Camere Minorili insieme all’associazione Soroptimist, in collaborazione con la Commissione Diritti Umani del Senato. I bambini in carcere non dovrebbero stare. Eppure, scontato non è. Capita che siano loro le vittime innocenti delle colpe dei genitori, puniti con una vita all’interno di strutture di detenzione per reati che non hanno commesso loro. Insomma, sono innocenti condannati al carcere.

Secondo i dati presentati dal Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato della Repubblica, Luigi Manconi, nelle carceri italiane si trovano attualmente 39 bambini al di sotto dei tre anni di età. E sono oltre 70mila i minori in Italia che fanno visita ai genitori detenuti nelle strutture penitenziarie. In Europa sono oltre due milioni. Eppure, con la legge n. 40/2001, la cosiddetta Legge Finocchiaro, è stata dichiarata esplicitamente l’incompatibilità della salute e dei diritti dei minori con la permanenza in carcere. Per cui, ove non sussistano motivi di pericolo per la pubblica sicurezza, madri con figli al di sotto dei dieci anni di età dovrebbero espiare la pena con detenzione domiciliare.

I numeri dei “minori in pena” sono ristretti, ma il problema è enorme. Per risolverlo, realizzando sei “case famiglia”, basterebbe un investimento di un milione e 150mila euro e un po’ di buona volontà. A Roma, la prossima primavera, finalmente dovrebbe realizzarsi un progetto pilota, in un appartamento nella zona dell’Eur sequestrato un anno fa ad un boss della ‘ndrangheta. Avrebbe dovuto essere attivo già dallo scorso ottobre, secondo quanto aveva annunciato il Prefetto, ma la notizia aveva provocato una dura reazione popolare, che ha esercitato una forte pressione sugli amministratori politici. “Il rancore sociale ostacola la ‘giustizia amica’”, dichiara il sociologo Aldo Bonomi, fondatore del Consorzio Aaser – Agenti di sviluppo per il territorio. La nostra società, insomma, sembra essere scissa in due, afferma il sociologo. Da un lato, ci sono coloro che operano nella dimensione della “cura”, della solidarietà, del “diritto mite”, che crede nella giustizia come “il filo per rammendare il tessuto sociale”; dall’altro, troviamo i “rancorosi”, coloro che perimetrano con i muri del giudizio e della critica lo spazio dei propri diritti e delle proprie libertà, e si rinserrano all’interno escludendo “gli altri da sé”, i diversi, i deboli, quelli che hanno sbagliato.

La nostra società vive una grave contraddizione, messa ben in evidenza dalla Presidente dell’Unione Camere Minorili, Rita Perchiazzi. Siamo giunti ad una fase evoluta nella definizione teorica dei diritti umani fondamentali e inviolabili, ma spesso ancora essi non sono tutelati nella pratica e ci sono “ampie e profonde sacche di inadempienza”. Per esempio, per quanto riguarda appunto i diritti dei minori.

Il 6 settembre 2016 è stato rinnovato il Protocollo d’intesa tra il Ministero di Giustizia, l’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza e l’Associazione “Bambini senza sbarre” per la Carta dei figli di genitori detenuti, riaffermando l’interesse superiore del minore ad una vita “normale” in un ambiente sano e libero. La Corte Costituzionale con Sentenza n. 239/2014, ha riaffermato il prevalere dell’interesse superiore del minore come diritto a non essere “detenuto” per reati non commessi, a crescere in libertà, in una famiglia, con un sano sviluppo psico-fisico, senza essere discriminato, esercitando il diritto all’istruzione.

La tutela dei minori con almeno un genitore in carcere prevede innanzitutto un’azione di sostegno alla genitorialità e alla capacità genitoriale. L’art. 27 della Costituzione prevede che le pene debbano tendere alla rieducazione e al reinserimento in società di chi è stato riconosciuto colpevole di un reato. La pena non può essere contraria al senso di umanità.

“I bambini sono soggetti vulnerabili. Precarietà di vita e povertà hanno effetti gravi di privazione cognitiva e portano disturbi nel comportamento”, ha detto Marilisa Martelli, Presidente dell’Aismi (Associazione italiana per la salute mentale dell’infanzia e dell’adolescenza). La salute mentale infantile, dicono gli specialisti, richiede sette condizioni fondamentali: un forte e chiaro senso di identità, dare un significato e un orientamento all’esistenza, essere autonomi e consapevoli delle proprie capacità, avere un sentimento di appartenenza ad una comunità, a partire dalla famiglia, la sicurezza, la condivisione delle esperienze, la possibilità di scegliere avendo regole chiare. Questo è possibile soltanto in un contesto familiare “normale”.

Il sociologo Bonomi, a proposito di bambini vittime innocenti, ha ricordato il dramma umanitario dei minori non accompagnati. Anche in Italia, a centinaia sono scomparsi, in migliaia cadono preda dei trafficanti di organi. Soltanto quest’estate, sono stati arrestati una quarantina di trafficanti di migranti. Otto milioni di bambini scompaiono ogni anno nel mondo, con una media di uno ogni due minuti. Eppure, il rancore per i problemi irrisolti dell’umanità del nostro tempo si trasforma in indifferenza, terribile e violenta indifferenza.

“Siamo dentro ad un salto epocale, con un cambiamento di paradigma”, afferma Bonomi. “Sono saltati tutti i parametri etici e normativi. Non ci sono più riferimenti”. Navighiamo a vista, senza ideali, senza progetti, senza regole. Anche i diritti umani appartengono ormai alla dimensione “cibernetica”, d chi appunto naviga a vista nelle maree della nostra società, aggiunge Paolo De Stefani, studioso del Centro interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli dell’Università degli Studi di Padova. Per ritrovare una rotta, occorre ritrovare il valore e la pratica della “virtù”, rimettere l’etica, la responsabilità degli uni per gli altri, alla base della società e come faro per la politica. E chi può parlare con diritto di virtù? Chi nella vita quotidiana si impegna per difendere concretamente i diritti delle persone, chi si prende cura dei più deboli e fragili, chi si occupa e si preoccupa dei minori e della loro salute, chi lavora in organismi e istituzioni impegnate nella difesa dei diritti umani.

Soroptimist si è fatta promotrice non soltanto di bei pensieri e belle parole, in tema di minori in carcere. A livello territoriale, in numerose città italiane, ha finanziato la costruzione di aree giochi e stanze idonee ad accogliere i genitori detenuti con i figli minori. A Caltanissetta, Vibo Valentia, Chieti, Verbania, per esempio. E la buona pratica si moltiplica in molte altre città italiane. Ma serve una rivoluzione culturale, per guarire dal rancore ed aprirsi all’amore.

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