L’iniziativa antistupro indiana, ovvero la pistola “da borsetta”, ha avuto successo, ma solo tra gli uomini. Il lancio era avvenuto nel 2012 sulla scia dei gravissimi episodi di violenza suelle donne, ma il gentil sesso si è dimostrato restio a possedere un’arma da fuoco. Infatti, come dimostrano i dati diffusi dall’azienda produttrice, la Nirbheek, solo 28 dei 450 ordini totali hanno portato la pistola tra le mani di una donna.
Come hanno sottolineato gli attivisti, al prezzo di 140mila rupie, quasi 2100 euro, l’articolo non è avvicinabile dalla stragrtande maggiornanza della popolazione indiana. “Aspettarsi che possona comprare un revolver a quel prezzo non è che uno scherzo crudele”, ha commentato Madhy Garg, a capo della sezione “All India Democratic Women’s associations”. Ma ci si interroga anche se possedere una pistola sia il modo migliore per impedire stupri e violenze in generale, infatti come dice l’attivista Roop Rekha Verma, non sarebbero le armi la risposta a questa piaga così diffusa nel Paese. Servirebbe piuttosto “un cambio di mentalità, leggi più severe e una giustizia più veloce”.
Sembra che in India questa sia una tematica attualmente molto discussa, soprattutto dopo il caso eclatante dei video documentario “India’s Daughter”, proprio sul tema, di cui è stata vietata la proiezione. In particolare il film raccontava del tragico stupro di una studentessa indiana avvenuto nel 2012, morta in seguito per le ferite riportate, ad opera di 6 uomini su un autobus pubblico in corsa. Ma questo è solo uno dei casi che quotidianamente si registrano nel paese, troppo spesso vittima di una mentalità in cui sembra quasi essere giusto sottomettere le donne, anche nelle maniere più violente.