Il timore più diffuso nel nostro Paese è la mancanza di lavoro. A temerla sono ben il 40% degli italiani. Seguono salute (16%), tasse (10%), migranti (10%) e terrorismo (7%). E’ quanto emerge da un’indagine Ipsos su 804 italiani tra i 14 e i 70 anni, realizzata per la Fondazione Intercultura in occasione del convegno internazionale “Saper Vivere Insieme”, dal 1 al 3 maggio a Trento e Rovereto. La tre giorni in Trentino rientra nel programma ufficiale per le commemorazioni del centenario della prima guerra mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, con testimonianze di persone e organizzazioni del settore dei soccorsi umanitari, della riconciliazione dopo un conflitto e dell’educazione dei giovani a vivere pacificamente insieme, dai Balcani ai Paesi Baschi, dall’Irlanda del Nord al Sudafrica e così via.
Dal sondaggio, inoltre, risulta che i principali motivi dei conflitti oggi sono il potere economico (56%) e la religione (45%). Tra le altre motivazioni, la lotta per l’accaparramento delle risorse (acqua, petrolio, pietre preziose), spesso alla base di conflitti che spingono alle migrazioni (26%), una supposta supremazia di una cultura sull’altra, il cosiddetto “scontro di civiltà” (23%). Un italiano su quattro è convinto che non si possa fare nulla per raggiungere la pace, mentre secondo un terzo degli intervistati è la conoscenza il miglior modo per evitare i conflitti. Alla scuola viene attribuito un ruolo importante sia per punire le azioni di intolleranza che per promuovere una maggiore apertura al mondo attraverso la conoscenza di altre culture tramite viaggi, letture, incontri con stranieri in Italia.
“Le guerre, i conflitti etnici, i conflitti religiosi e purtroppo anche gli atti di terrorismo che ci mettono in contrapposizione addirittura coi nostri vicini di casa – ha dichiarato il segretario generale di Intercultura, Roberto Ruffino – hanno aggravato l’urgenza educativa. Noi affrontiamo questo problema con una speranza, quella che gli adolescenti che prima formiamo e poi mandiamo in giro per il mondo a 16 anni, possano imparare che i diversi da noi non sono necessariamente dei mostri, che ci sono modi di pensare diversi, non necessariamente negativi”.