Ibernarsi 400 anni per tornare a vivere

Logo Interris - Ibernarsi 400 anni per tornare a vivere

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: Ibernarsi 400 anni per tornare a vivere

Nell’era dove tutto sembra possibile c’è proprio chi non vuol morire e pensa alla criogenesi come strada percorribile. “Io ho quasi la certezza di risorgere fra quattrocento anni”. Sono le parole di Vitto Claut, un avvocato friulano che ha firmato un contratto di ibernazione, regalando il suo corpo alla scienza nella speranza di potersi risvegliare nel futuro. “Tutto è iniziato oltre dieci anni fa quando venni a sapere dell’esistenza in Arizona di un Istituto dove i corpi delle persone vengono portati a temperature che arrestano il decadimento fisico fino a che la scienza riuscirà a riportarli in vita. Mi dissi ‘ devo andare a capire come funziona’”.

Così Claut si è preso un anno per approfondire la questione studiando ogni clausola della convenzione per capire le conseguenze giuridiche e tutto ciò che riguarda i beni personali. “Io semplicemente pago una rata annuale perché la Alcor – l’associazione che offre questo tipo di servizio – dopo il decesso mi tenga ibernato nei suoi laboratori fino a quando si troverà il metodo di riportarmi in vita”. Centocinquantamila euro totali per esorcizzare la paura della morte. “L’importante è che io arrivi in America ancora ‘vivo’, perché sennò non riescono a farmi questo intervento” ha spiegato l’avvocato.

Vivo per modo di dire visto che per poter praticare l’ibernazione si deve constatare la morte clinica del paziente; ad essere effettivamente congelata è solo la testa. Una fede cieca nella scienza dunque, nella speranza che gli specialisti del futuro abbiano trovato il modo per innestare il cervello in un corpo umano. E qualora mancassero donatori del ‘proprio fisico’ si potrebbe pensare ad inserirla in un organismo cibernetico, in questo modo con un po’ di manutenzione sarebbe assicurata l’immortalità.

Niente più dubbi amletici sulla vita – almeno secondo loro – tutto sarà concesso e possibile per chi avrà vinto la sfida contro la morte. Ad oggi le cliniche che effettuano questa pratica sono presenti solo negli Usa e in Russia, ma gli scienziati sono convinti che le richieste aumenteranno per questo motivo il popolo italiano dei futuri ibernati chiede che anche nella Penisola vengano costruiti ospedali di questo tipo. Certo è che se si vuole coltivare il sogno di vivere per sempre bisogna stare attenti a “non perdere la testa”.

Non è però fantasia ma un progetto definito scientifico a cui starebbero aderendo molte persone, quasi cento in tutto il mondo. Tra gli italiani per ora solo Aldo Fusciardi, un imprenditore di 75 anni morto nel 2012 si è fatto congelare. Ma è questa la strada che vogliono percorre anche il romano Daniele Chirico e la sua famiglia: “La mia intenzione non è quella di rivivere il mio passato e neppure il mio presente, ma soltanto il mio futuro. Quindi lo scopo della crionica è quello di consentire di vivere un altro pezzo della nostra vita il più a lungo possibile”.

Per far sì che ciò accada è necessario intervenire rapidamente: entro due minuti dalla morte clinica, prima che il corpo inizi la sua fase di decomposizione, la testa del paziente dovrà essere portata a 96 gradi sotto zero per garantire l’integrità delle cellule celebrali, a quel punto il sangue verrà aspirato e sostituito con il crioprotettore, che ha la peculiarità di “generare freddo”. Dopo circa 6 o 7 ore di operazione il corpo viene inserito a testa in giù e immerso nell’azoto all’interno di un silos che lo manterrà ben conservato alla giusta temperatura. ( – 196 gradi). Una corsa contro il tempo con un biglietto pagato, ovviamente prima, ma senza garanzie di riuscita.

I tre italiani che sfidano la morte, intervistati dai media nazionali spiegano come siano arrivati a questa decisione. “Sono la prima donna in Italia – racconta la moglie di Daniele Chirico – ad aver sottoscritto il contratto di ibernazione e questo perché credo nei progressi della scienza. Grazie a questa scelta do la possibilità a me e alla mia famiglia di vivere oltre la morte. E’ anche un modo non troppo traumatico di rapportarsi con l’argomento della morte, qualcosa che è un po’ più di una speranza”.

Più determinato è invece il marito: “Ho aspettato tutta la vita per morire e allora perché non dovrei aspettare tutta la morte per poter rivivere? Questo è un problema un po’ filosofico che mi sono posto, cioè del quanto dovrò aspettare prima che la mia vita venga ripristinata all’interno del mio corpo e risvegliarmi quando la tecnologia sarà in grado di farlo. Sicuramente mi auspico il prima possibile. Io la vivo come una certezza non come una speranza”.

Attualmente le società che offrono la possibilità di essere ibernati sono tre, la più conosciuta è la Alcor Life Foundation, un organizzazione no profit situata a Scottsdale, in Arizona e fondata nel 1972. Ha già ‘congelato’ 131 pazienti e conserva il corpo del primo uomo ibernato, James Bedford, dopo averlo acquisito dalla Cryonics Society della California che inaugurò la nuova era glaciale. Una seconda clinica si può trovare nel Milwaukee ed infine in Russia la Kriorus, con 40 clienti e un centinaio di richieste in lista.

Il costo è abbastanza alto, ma gli specialisti assicurano che in questo modo si risparmia sulle spese previste per il loculo, il funerale e la sepoltura. Le garanzie che questa pratica abbia successo sono praticamente zero, uno schiaffo alla scienza e alla ricerca,quella seria, in quanto per ora nessuno è mai tornato vivo dal regno di ghiaccio.

Hortensia Honorati: