Un servizio rimanda le immagini di un detenuto che viene risarcito per aver subito maltrattamenti in carcere in violazione dei diritti umani. Un indennizzo di 4.808 euro per aver scontato 601 giorni in una cella di 3 metri . Indiscutibile il diritto di ogni essere umano a ricevere un trattamento che rispetti la sua persona già privata della dignità come forma di pena che il nostro sistema e la nostra Costituzione prevedono. In Italia, la pena detentiva viene contemplata con funzione rieducativa in visione di recuperare la persona . Cos’è, dunque, a scatenare le reazioni indignate da parte della pubblica opinione e delle forze di polizia di fronte a questa decisione? L’uomo, un albanese, era stato condannato per sfruttamento della prostituzione minorile, riduzione in schiavitù e violenza ripetuta. Chi, come chi scrive, conosce le case di accoglienza e le cicatrici di queste “bambine”, private di una dignità non più riacquisibile, non può fare a meno di paragonare le due storie e i due dolori. L’uomo X, lo stesso che ha legato, anche lui in 3 metri, una donna, violentandola e drogandola, perché non si opponesse a vendersi in strada, è davvero consapevole e può dirsi leso dei suoi diritti umani? La ragazza che prende tranquillanti per dormire la notte, che deve fare sedute dallo psicologo per accettare le carezze sincere di chi la circonda e che non potrà più avere figli, non ha ricevuto nemmeno delle scuse. Non si fraintenda, lo Stato deve sempre garantire, a tutti e dico a tutti, il diritto a vivere in condizioni umane, ma sappia dare il giusto peso per non apparire ridicolo e contraddittorio agli occhi del mondo. Attenzione, corriamo il rischio di indurre i criminali a sfruttare un sistema dal quale si sentono protetti, garantiti e da oggi, “mantenuti”.
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