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HO VISTO AFFONDARE I MIEI GENITORI

“La gente soffocava nella stiva, ha iniziato a morire. Ce ne erano a decine ammassati. Qualcuno ha tentato di liberarsi, di muoversi. La barca si è rovesciata… Poi si vedevano soltanto i copri che galleggiavano. Centinaia di corpi…” Hadiya (il nome è di fantasia, per tutelarne la privacy) ha raccontato con lo sguardo perso nel vuoto ciò che le era capitato. Con lei anche gli altri migranti sopravvissuti al massacro avvenuto a circa 80 miglia dalle coste della Libia. In un primo momento le notizie raccontavano di 9 copri recuperati dalla Guardia Costiera Italiana, ma le cifre raccontate dai 144 profughi superstiti sono molto più alte.

Tra quelle vittime Hadiya ha perso tutto il suo mondo: mamma, papà, sorella. Scappava da una situazione di guerra, fame, stenti e terrore; ora non ha più nessuno. Ma sarebbe sbagliato dire che si trova completamente sola. La bimba di 12 anni della Repubblica del Gambia è stata infatti accolta nella casa di prima emergenza per i minorenni che la Comunità Papa Giovanni XXIII sta aprendo a Reggio Calabria, nel bel mezzo di una fase di emergenza, prima ancora dell’inaugurazione ufficiale.

“Facciamo tutto il possibile per accogliere queste persone, ma l’Europa faccia la sua parte – ha detto Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità. – L’Italia non può farcela da sola. Noi apriamo all’accoglienza le nostre strutture e i nostri alberghi, nonostante la minaccia di occupare gli alberghi destinati ai profughi lanciata qualche giorno fa da Matteo Salvini”. Parole nette, quelle del responsabile dell’associazione fondata da don Oreste Benzi, che non hanno paura di andare controcorrente: “Le regioni e i parlamentari che vorrebbero chiudere le porte alle accoglienze dovrebbero piuttosto rivolgersi all’Europa chiedendo di modificare gli accordi di Dublino – prosegue Ramonda –. I rifugiati devono poter presentare richiesta di asilo in tutti gli stati europei e non solo dove sbarcano: questa è l’unica soluzione di fronte ad ondate migratorie che non possono essere fermate. Chiediamo di creare un canale umanitario per impedire drammi come quello che sta vivendo questa ragazzina che abbiamo accolto”.

Attorno a lei si sta cercando di creare una “nuvola” di solidarietà e protezione, permettendole di elaborare i lutti e la tragedia che ha vissuto. Qualche partitina a carte, un giro per i negozi… per distrarla più che altro. Nella casa con lei – oltre agli operatori della comunità – c’è anche L.G., eritrea, che ha partorito nella notte fra lunedì e martedì, sulla nave Orione della Marina Militare, il suo primo figlio. Con lei anche il marito, tutti scampati all’orrore.

Intanto è partito l’appello ai governi da parte della portavoce della Commissione europea, Bertaud: “L’emergenza immigrazione è la priorità delle priorità per la Ue che sta lavorando per finalizzare entro maggio la nuova strategia. Agiremo, non si può attendere”. La situazione nel Mediterraneo “è grave e peggiorerà nelle prossime settimane e mesi” ma “dobbiamo essere franchi, la Commissione non può fare da sola; non abbiamo la bacchetta magica” perché “non abbiamo i fondi né il sostegno politico” per lanciare operazioni europee di salvataggio.

Parole che richiamano quelle già citate di Ramonda. E mentre i governi si girano dall’altra parte e c’è chi fa propaganda politica sulla pelle degli ultimi, c’è chi continua a morire.

 

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