Bugiardi non si nasce. A dire le bugie si impara con l’età. Infatti, la percezione di verità e bugie cambia mano a meno che si cresce. Mentre un bambino tende a vedere questi concetti più rigidamente, con la disonestà sempre vista come “cattiva”, uno più grande può avere invece una visione più “sfumata” e prenderà in considerazione l’intento e risultato di ciascuna situazione che si presenta ai suoi occhi. E’quanto emerge da uno studio canadese, della McGill University, pubblicato su International Review of Pragmatics.
I ricercatori hanno analizzato il comportamento di quasi 100 bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni, a cui sono stati mostrati una serie di brevi video con pupazzi che raccontavano la verità o delle bugie. In alcuni scenari, dire una bugia poteva arrecare un danno ad un altro personaggio, mentre in altri, aveva scopo di aiutare, proteggere, un’altra persona. Gli studiosi hanno anche mostrato video di burattini che raccontavano verità diverse – tra cui pettegolezzi – evidenziando come questi ultimi potessero anche danneggiare altre persone.
Poi, i bambini sono stati invitati a decidere se i personaggi fossero stati onesti o ingannevoli, e a scegliere se quei comportamenti particolari dovessero essere ricompensati o puniti. Nel complesso, i bimbi e ragazzi sono risultati facilmente in grado di distinguere tra verità e bugie, indipendentemente dall’età. Ma in generale i più piccoli erano meno interessati alle conseguenze negative del dire la verità, mentre i più grandi, a partire soprattutto dai 10-12 anni, erano più spesso più in conflitto con se stessi, non avevano una visione così netta e definita sul tema.