Dopo gli incresciosi e gravissimi fatti di Milano e l’attacco alla magistratura da parte del padre sucida di un farmacista di Genova arrestato, da più parti – anche molto autorevoli – si è alzata la voce secondo la quale tutto questo sarebbe il frutto della lenta e progressiva opera di delegittimazione della magistratura effettuata dalla “politica”.
A prescindere dall’evidente difficoltà di commentare vicende di cui non si conoscono i dettagli si tratta di una interpretazione errata e fuorviante degli eventi, che dimostra ancora una volta come una parte rilevante della pubblica opinione, probabilmente condizionata da faziosità e/o interessi di diversa natura, continui a non decifrare correttamente ciò che avviene intorno a noi.
Le tristi vicende in questione, infatti, più che dipendere dall’opera di delegittimazione della magistratura da parte di chicchessia, sembrano piuttosto essere la conseguenza, estrema ed isolata, ma non totalmente imprevedibile, del clima che si è diffuso in Italia in questi ultimi anni.
Un’esasperazione determinata da una pluralità di fattori: in primis la grave crisi economica di questi anni e poi, a seguire, la progressiva mancanza di certezze, di ordine finanziario, sociale, psicologico, ma anche, per chi si trova coinvolto per qualsiasi motivo in vicende giudiziarie, in termini di effettività del sistema giustizia, troppo spesso condizionato da lungaggini ed inefficienze intollerabili ed insostenibili, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista dello stress psicologico, tanto se si ricopre il ruolo di indagato, quanto se si è persona offesa del reato. Si tratta di falle del sistema che ben poco hanno a che vedere con la paventata opera di discredito dei magistrati, ma che possono portare, in casi estremi e per fortuna isolati, a reazioni inconsulte ed a gesti disperati contro se stessi o contro terzi, così come avvenuto all’interno del Tribunale milanese.
Appare quindi riduttivo circoscrivere alla equazione discredito magistratura istigazione alla violenza tali episodi che, al contrario, dovrebbero indurre, non solo la politica, ma tutti gli addetti del settore, principalmente giudici ed avvocati, a effettuare una seria riflessione sulle reali motivazioni della crisi di sfiducia dei cittadini nei confronti del sistema giustizia in generale e nei confronti dei suoi operatori in particolare, sulla necessità di superare gli steccati, di abbassare i toni, di rinunciare tutti alla spettacolarizzazione della giustizia, nel tentativo di fornire un servizio più equo e celere ai cittadini.
Per fare ciò ci vuole una rivoluzione culturale collettiva.
In tale direzione certamente un passo in avanti è stato effettuato con l’approvazione in via definitiva in Senato della legge di riforma delle misure cautelari personali, il cui scopo è quello di rendere il carcere preventivo effettivamente un’extrema ratio, da applicarsi solo nei casi più gravi e solo in presenza di determinati presupposti di legge sempre più stringenti, in modo tale da adempiere a quanto imposto dalla Corte di Strasburgo per superare finalmente la vergogna italiana del sovraffollamento degli istituti penitenziari.
Marcello d’Ascia
Avvocato Penalista