Un pronostico altissimo e che fa ben sperare quello annunciato ieri dalla Fao, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura dell’Onu . “Negli ultimi dieci anni a livello globale il numero di chi soffre di fame cronica, è sceso di 100 milioni di persone, questa è la prova che siamo in grado di vincere la guerra contro la fame, e dovrebbe ispirare i paesi ad andare avanti, con l’assistenza della comunità internazionale, se necessario” afferma il direttore generale della Fao José Graziano da Silva. L’Onu si pone come obiettivo del 2015 una riduzione della fame nel mondo del 50%, considerazione resa possibile grazie al risultato del Rapporto Sofi 2014, presentato ieri dalla Fao, l’Ifad (Fondo internazionale per lo Sviluppo agricolo) e il Pam (Programma Alimentare Mondiale).
Dal rapporto si evince che il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è sì diminuito, ma riguarda ancora 850 milioni di persone, ossia uno su nove, un dato “inaccettabilmente alto”. Tuttavia si può ben sperare, infatti “il dimezzamento dei casi di fame cronica nel mondo è a portata di mano, si può fare entro l’anno prossimo, se sforzi adeguati ed immediati verranno intensificati”.
Ben 63 paesi del mondo hanno raggiunto l’obiettivo diffuso dall’Onu nell’anno corrente, altri sei paesi si stanno impegnando in questo senso. Secondo le tre organizzazioni il problema della malnutrizione non riguarda solo i soggetti direttamente colpiti ma tutti noi e richiede una compartecipazione impegnata che fornisca una risposta adeguata al fabbisogno. ”I Paesi in via di sviluppo – spiega John McIntire, vice presidente di Ifad, – non hanno bisogno di elemosine ma di politiche di accesso al cibo. Va creato un ambiente produttivo favorevole, per questo serve un impegno politico, olistico e con approccio partecipativo”.
Un ammonimento è arrivato dal direttore esecutivo del Pam, Ertharin Cousinnei: “Non possiamo dormire sugli allori” ponendo l’attenzione nei riguardi di quesi paesi ulteriormente indeboliti dai conflitti come in Sudan, Siria, Repubblica Centrafricana, Iraq e dalla malattia quali Liberia, Nigeria, Sierra Leone e Guinea dove incalza Cousinei “la crisi sanitaria si sta evolvendo in crisi alimentare e vanno risolte insieme”.
Coldiretti pone in evidenza come nel mondo venga sprecato “1/3 del cibo prodotto, 1,3 miliardi di tonnellate” che basterebbero a sfamare quella parte di paesi del mondo che soffrono la fame. “Non abbiano ancora cibo sufficiente, mentre gli sprechi alimentari hanno raggiunto le 670 milioni di tonnellate nei paesi industrializzati e le 630 milioni di tonnellate in quelli in via di sviluppo”.
Un messaggio di incoraggiamento arriva dal direttore generale di Save the Children, Valerio Neri, che commenta così il rapporto Sufi e il rapporto Unicef sulla malnutrizione dei bambini: “Di fronte a tante cattive notizie, i dati sulla mortalità infantile e quelli sull’insicurezza alimentare dimostrano che cosa si può fare quando il mondo lavora insieme per affrontare una crisi comune. La comunità internazionale può essere orgogliosa di quanto è stato realizzato, ma c’è ancora molto da fare”.