La lettera apostolica “Misericordia et misera”, firmata domenica sul sagrato di San Pietro da Papa Francesco al termine della Messa celebrata a conclusione dell‘Anno Santo straordinario, contiene novità pratiche importanti per la vita della Chiesa e dei singoli fedeli. “La misericordia, infatti – scrive il S. Padre nel primo punto della lettera – non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre”. Come ha spiegato mons. Fisichella, “le due colonne su cui si regge l’impianto della lettera sono il fatto che la misericordia richiede di essere celebrata e vissuta”.
La prima conseguenza è che il Papa ha deciso di prorogare “fino a nuova disposizione” il servizio dei circa mille Missionari della misericordia “come segno concreto che la grazia del Giubileo continua ad essere, nelle varie parti del mondo, viva ed efficace”. Il loro mandato, che sarebbe scaduto con la fine dell’Anno Santo, permette di assolvere anche i peccati più gravi riservati alla Sede Apostolica.
Il secondo gesto di misericordia riguarda l’assoluzione del peccato d’aborto (non solo delle madri ma anche di chi ha collaborato o spinto una donna ad abortire): “Perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato d’aborto”. Una concessione che era stata prevista per il periodo del Giubileo e che ora il Papa rende permanente: non sarà più necessario, per i penitenti, rivolgersi al vescovo. Francesco peraltro è stato molto chiaro: “Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione”. “Non c’è alcun lassismo” ha sottolineato Fisichella.
Il terzo aspetto concreto è “una mano tesa, offerta” nei confronti della Fraternità sacerdotale di S. Pio X. Il Papa ha infatti deciso di prorogare, anche in questo caso, una decisione adottata all’inizio del Giubileo: quella di considerare valida la confessione dei fedeli con i sacerdoti lefebvriani. “Per il bene pastorale di questi fedeli – afferma il Pontefice – e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa Cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni”.
Tutti questi aspetti riguardano un pilastro fondamentale della misericordia: il sacramento della Riconciliazione. Il Papa dedica tutta la prima parte della lettera a questo tema. Ad esempio, parlando della crisi della famiglia, conferma, nella linea della “Amoris Laetitia”, che “chiunque, nessuno escluso, qualunque situazione viva, possa sentirsi concretamente accolto da Dio, partecipare attivamente alla vita della comunità ed essere inserito in quel Popolo di Dio che, instancabilmente, cammina verso la pienezza del regno di Dio”. Ma prima rinnova ai sacerdoti l’invito “a prepararsi con grande cura al ministero della Confessione, che è una vera missione sacerdotale” e chiede “di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio”. Un’autentica catechesi su un sacramento che nel corso del Giubileo, come ha detto mons. Fisichella, ha visto “in alcune zone un incremento delle confessioni anche del 30%”.
La lettera contiene altre due indicazioni molto concrete. La prima riguarda “l’ascolto della parola di Dio”. Il Papa suggerisce che ogni comunità, in una domenica dell’Anno liturgico, rinnovi “l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura: una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo”. E lascia spazio alla creatività delle singole diocesi riguardo al modo di mettere in pratica questo suggerimento. Infine, con la chiusura dell’Anno della Misericordia siamo entrati nel “tempo della Misericordia”, che “rinnova e redime”. Ma c’è anche un aspetto “sociale” che va riscoperto e valorizzato, dando spazio alla fantasia per trovare nuovi modi di realizzare quelle opere di misericordia di cui ha bisogno la nostra epoca. Per questo il Papa ha deciso di istituire la Giornata mondiale dei poveri come un impegno per tutta la Chiesa per “riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo e sul fatto che, fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa, non potrà esserci giustizia né pace sociale”.
Nella lettera c’è anche un riferimento ai “Venerdì della Misericordia”, segno tangibile del modo in cui il Papa ha voluto vivere questo Anno dando l’esempio nel rimboccarsi le maniche. Tanti i momenti commoventi. Ma mons. Fisichella ne ha indicati due tra quelli “più coinvolgenti”. Il primo è stato quello di agosto, quando il Papa è andato a trovare una ventina di ragazze vittime della tratta. “La pelle ancora mi si accappona – ha raccontato – Il Papa ha voluto sentire la storia di ciascuna di loro, una storia di torture, di inganni, di tormenti, risolta con una storia di liberazione grazie ai volontari dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Il Papa, lo disse anche mentre tornavamo a Casa S. Marta, rimase fortemente colpito dalle drammatiche storie di quelle ragazze giovanissime”.
L’altra visita segnata da “profonda tenerezza è stata quella al reparto di neonatologia del S. Giovanni”. Mons. Fisichella ha raccontato anche un aneddoto su quella visita: “Nessuno ne sapeva niente, come negli altri casi, perché erano private, non preparate. Io sono arrivato venti minuti prima. La dottoressa che mi ha accolto mi conosceva perché c’ero stato prima di Natale, visto che l’opera è stata realizzata dalla Regione con i fondi del Giubileo. Mi ha chiesto come mai ero di nuovo lì e quando le ho detto che un quarto d’ora dopo sarebbe arrivato il Papa prima ha chiesto se scherzassi, poi è sbiancata…”. Pochi minuti dopo “è arrivato il S. Padre. Ha indossato il camice verde, i copriscarpe… L’ho visto asciugare le lacrime di una mamma che aveva appena visto morire uno dei suoi tre gemellini e temeva per gli altri due, poi la sua sorpresa di fronte a due sposini che lo hanno invitato a prendere in braccio la loro creatura appena tirata fuori dall’incubatrice. “Non so se sono capace” ha detto il Papa: aveva paura di fargli male! E’ stata una tenerezza strappalacrime”.
“La Chiesa – scrive il Pontefice nella “Misericordia et misera” – ha bisogno di raccontare oggi quei «molti altri segni» che Gesù ha compiuto e che «non sono stati scritti» affinché siano espressione eloquente della fecondità dell’amore di Cristo e della comunità che vive di Lui. Sono passati più di duemila anni, eppure le opere di misericordia continuano a rendere visibile la bontà di Dio”. Papa Francesco ha voluto indicare con i suoi atti la strada da seguire.