Quante volte avremmo voluto rapidamente immortalare per sempre nella nostra mente un concetto matematico per l’imminente interrogazione di matematica, o tutte le date del libro di storia in vista del compito in classe. Ebbene, da oggi è possibile scattare un’istantanea utltra-precisa di un pensiero, invece che nell’arco di ore o giorni come con le tecniche tradizionali, è realtà. Una nuova tecnica di laboratorio che consente di “taggare” i neuroni in attività. Uno studio che imprimerà una forte accelerazione alla ricerca nel campo delle neuroscienze, e che di recente è stato pubblicato su “Nature Biotechnology” dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit), in collaborazione con la Stanford University.
“Flare”
Come riporta l’Ansa, il nuovo sistema di “etichettatura” dei neuroni, battezzato col nome di “Flare”, si basa su un interruttore genetico che si accende quando la cellula nervosa si attiva generando un flusso di ioni calcio al suo interno: il tutto funziona se il neurone viene contemporaneamente illuminato da un raggio di luce blu. In questo caso l’interruttore genetico si accende e va ad attivare un altro gene che produce una proteina fluorescente, oppure altre molecole in grado di evidenziare il neurone. “Un pensiero o una funzione cognitiva in genere durano 30 secondi o un minuto: questo è il range che vorremmo catturare”, spiega la ricercatrice Kay Tye, del Mit. In questo studio, i ricercatori hanno dimostrato che la tecnica riesce ad accendere una proteina rossa fluorescente per evidenziare i neuroni della corteccia motoria che si attivano nei topi che corrono sul tapis roulant. Lo stesso approccio potrebbe essere usato per etichettare le cellule nervose con nuove proteine chiamate Dreadds, che permettono il controllo dei neuroni tramite farmaci, oppure usando proteine sensibili alla luce, in modo da rendere i neuroni “telecomandabili” con un raggio luminoso attraverso la tecnica dell’optogenetica.
Gli sviluppi
La tecnica “Flare” potrebbe diventare utile non solo agli scolari, ma anche, e soprattutto, per studiare e curare malattie, come ad esempio l’Alzheimer. Questa tecnica di immortalare i pensieri, infatti, potrebbe permettere di individuare i neuroni malati in modo da non intaccare quelli sani, aggiungendo così un altro tassello alla ricerca.