Ebola, scoperta una mutazione genetica del virus

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Ci sarebbe una mutazione genetica alla base della rapida diffusione dell’epidemia di ebola esplosa nel 2013 e maturata nel corso del successivo triennio. In questo lasso di tempo, il morbo ha infettato circa 28 mila persone, uccidendone almeno 11 mila, colpendo con più violenza nel continente africano, focolaio del virus, e dimostrando una capacità di infezione decisamente superiore alle aspettative.

Una condizione che ha allertato gli scienziati e indirizzato un percorso di studi volto a fornire una spiegazione sulle cause di un contagio così veloce. I tragici numeri di ebola, stando ai risultati di una recente ricerca sviluppata separatamente da due diversi team di scienziati – uno statunitense, l’altro britannico, guidati rispettivamente da Jeremy Luban, della University of Massachussets Medical School, e da Jonathan K. Ball, della University of Nottingham -, risulterebbero essere derivati da un adattamento genetico del virus, denominato A82V, verificatosi nel corso dell’ultima esplosione epidemica e che lo avrebbe reso in grado di adattarsi maggiormente alle cellule umane. Da qui l’alto numero di vittime e contagi. I due team hanno poi pubblicato i risultati della loro ricerca sulla rivista “Cell”.

Anche se nel caso statunitense la scoperta è avvenuta attraverso un’indagine sul virus HIV, lo studio sulla sorprendente capacità di diffusione del virus ebola è stato, negli ultimi anni, una prerogativa degli scienziati i quali, analizzando il genoma del virus proveniente da diversi focolai e confrontandolo con il virus ritenuto originario, contenuto nei pipistrelli della frutta, ha osservato la capacità di mutazione di una proteina di superficie, che avrebbe reso il morbo particolarmente adatto all’attacco delle cellule di esseri umani e primati più che a quelle dei pipistrelli, ampliandone la capacità di contagio di circa quattro volte rispetto al normale.

Come spiegato dagli stessi ricercatori, la mutazione genetica non è insolita nei virus, ma la constatazione di un tale affinità all’organismo umano ha destato non poche preoccupazioni, al netto di una riscontrata mortalità delle persone infette dal virus mutante decisamente più elevata rispetto agli infetti dal virus comune.

A oggi non si riscontrano nuovi casi di Evd sul continente africano. Le indagini scientifiche tuttavia proseguono, allo scopo di prevenire una futura esplosione dell’epidemia o la diffusione di un virus analogamente capace di esercitare tale mutazione.

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