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EBOLA, LA STRAGE E’ INIZIATA

Mentre si sedeva sulle poltrone del Boeing 777 della Malsaya Airlines diretto da Amsterdam a Kuala Lumpur il professor Glenn Thomas non poteva sapere che quello sarebbe stato l’ultimo volo della sua vita. Per un ricercatore del suo calibro (uno dei massimi esperti al mondo di Ebola) andare da un capo all’altro del pianeta è la normalità. Cosa avrà pensato mentre si allacciava le cinture di sicurezza e socchiudeva gli occhi per riposare durante le tante ore di crociera? Di sicuro non alla possibilità che, di lì a poco, un missile polverizzasse la sua vita e quella di altre 282 persone. Non era un tipo tenero Glenn Thomas e pare (si dice, si vocifera, si sussurra) custodisse oscuri segreti riguardanti presunte operazioni di sperimentazione del virus Ebola nel laboratorio di armi biologiche presso l’ospedale di Kenema, nella Sierra Leone. Per i blogger più fantasiosi è stato facile fare uno più uno e ricondurre la nebbiosa vicenda del boeing abbattuto alla volontà scientifica di eliminare un personaggio scomodo, che sembra si fosse rifiutato di andare avanti con un programma di diffusione dell’epidemia finalizzato al test di un vaccino.

Visionari? Possibile, anzi probabile. Coincidenza: poco dopo la sua morte il contagio da Ebola ha raggiunto livelli paurosi. Gli ultimi numeri sono lì a testimoniarlo: 121 morti e 81 nuovi casi in sole 24 ore in Sierra Leone. Uno sporco, orrendo affare, quello della febbre emorragica. Un filo di morte che congiunge anche Guinea, Liberia, Senegal e Nigeria e sta terrorizzando in particolare Spagna, Stati Uniti e Arabia Saudita. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sino ad oggi il bilancio complessivo delle vittime di Ebola è di 3.349 morti su un totale di 7.492 casi in Africa occidentale. La mortalità di questa malattia ha una percentuale superiore al 50%. Un killer micidiale. Un mostro che si sta mangiando tra indicibili sofferenze i poveri del pianeta. Sembra questa la sua reale vocazione: uccidere chi non può permettersi cure, servizi igienici, prevenzione. A nulla, in questo momento, sembrano servire i 150 milioni euro stanziati dall’Unione Europea, gli oltre 100 milioni di dollari e i 3mila militari schierati dagli Stati Uniti per far fronte all’emergenza.

Nello stesso momento in cui leggete questo articolo decine di persone si ammalano, accusano i primi sintomi, sono scossi dai brividi di febbre nei letti d’ospedale, sputano e rimettono sangue fino a quando il loro cuore non cede. La corsa contro la morte in Africa, in questo momento, sembra destinata a essere persa. La domanda è: si poteva evitare? E, senza trascendere nella fantapolitica, cosa si è fatto davvero per scongiurare la tragedia umanitaria quando i primi casi, lo scorso marzo, furono registrati? Non molto a vedere i risultati. Perché di epidemie di Ebola, negli ultimi 40 anni, ce ne sono state tante ma questa ha raggiunto livelli inimmaginabili. E allora la sofferenza di chi si ammala e muore sono uno schiaffo a chi ha sottovalutato il problema, bollandolo come una questione africana. E la nostra paura di oggi (ora che il bubbone è esploso e chissà dove potrà arrivare) è, come al solito, figlia dell’egoismo di ieri.

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