Con l’ammainabandiera si è conclusa dopo 13 anni l’operazione dell’Isaf in Afghanistan. Era il 2001 quando la Nato, su impulso degli Stati Uniti feriti dalla strage dell’11 Settembre inviava mezzi e truppe nel Paese asiatico, considerato il covo di Osama Bin Laden e il campo di addestramento dei kamikaze di Al Qaeda.
Il comandante della missione, il generale americano John Campbell, ha stilato un bilancio positivo dell’intervento: “Abbiamo portato gli afgani fuori dalle tenebre e dalla disperazione e abbiamo dato loro speranza per l’avvenire”, ha affermato. Da Washington, il presidente Barack Obama ha dichiarato: “La nostra missione di combattimento si è conclusa e la guerra più lunga nella storia degli Stati Uniti termina in modo responsabile”.
Ma per il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, l’operazione si è conclusa con una “sconfitta assoluta”. Il bilancio delle vittime è impressionante, in 13 anni sono morti quasi 10.500 soldati, tra Nato, forze di sicurezza a afgane e operatori della Contractor (una compagnia privata che fornisce consulenze o servizi specialistici di natura militare). Circa 68mila sono stati i caduti tra i talebani e gli insorti, mentre tra le 140mila e le 340mila sono state le perdite tra la popolazione civile.
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