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Dieci anni dopo la strage di Beslan approda a Strasburgo

La Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) ha ascoltato i ricorsi presentati da 447 tra familiari o amici delle vittime della strage di Beslan per far luce sulle possibili responsabilità del governo russo. Il 1 settembre 2004 la Scuola Numero Uno (Sno) di Beslan – nell’Ossezia del Nord, una repubblica autonoma nella regione del Caucaso nella federazione russa – un gruppo di 32 ribelli fondamentalisti islamici e separatisti ceceni occupò l’edificio scolastico sequestrando circa 1200 persone fra adulti e bambini. Tre giorni dopo, quando le forze speciali russe fecero irruzione, fu l’inizio di un massacro che causò la morte di centinaia di persone, fra le quali 186 bambini, ed oltre 700 feriti.

La Corte si è riunita per far luce sulle possibili responsabilità di Mosca nel massacro a dieci anni da una tragedia mai del tutto chiarita. Una ventina di ricorrenti hanno assistito all’udienza presso una camera del tribunale europeo – che ha deciso di raggruppare ed esaminare in blocco i singoli dossier pervenuti – composta da sette giudici. Durante l’udienza il rappresentante della Russia, Georgi Matiushkin, ha sostenuto che, nel caso di Beslan, le autorità russe avevano a che fare con un gruppo di mercenari armati, addestrati e ben istruiti, che avevano messo in conto di morire con i loro ostaggi. Le rivendicazioni avanzate dai terroristi non potevano essere soddisfatte, ha sottolineato Matiushkin, assicurando che gli agenti delle forze speciali avevano come principale obiettivo quello di salvare le vite degli ostaggi.

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