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DETENUTI IN MARCIA, PER ANDARE OLTRE IL CARCERE

Il tema del recupero dei carcerati è spesso fonte di accesa discussione tra quanti ritengono sia necessario – e sufficiente – inasprire le pene e coloro che, invece, puntano sulla rivalorizzazione della persona per evitare che torni a delinquere. Tra questi ultimi, in prima linea, vi è la Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata oltre trenta anni fa da don Oreste Benzi, il “prete di strada” che ha “inventato” le case-famiglia per bambini e adulti in difficoltà.

La Comunità si batte da anni per il riconoscimento, da parte dello Stato italiano, delle strutture educative alternative al carcere. Proprio per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul delicato problema della recidiva, la Papa Giovanni organizza sabato 11 aprile “Cammina con me!”, una passeggiata a piedi “alternativa” insieme a una cinquantina di detenuti che testimonieranno la loro storia di caduta e rinascita.

Si parte dalla Casa Madre del Perdono di Montecolombo per arrivare, lungo i sentieri della Valconca, al Santuario della Madonna di Bonora a Montefiore Conca, in provincia di Rimini.
Il cammino sarà per gli accolti un’occasione per raccontare i propri vissuti, le proprie ferite, per riflettere sui reati commessi e sulla voglia di ricominciare a vivere. I detenuti stanno, infatti, tutti scontando la pena nelle Comunità educanti con i carcerati (Cec) – strutture che oggi vivono solamente grazie all’autofinanziamento – presenti come sperimentazione nelle comunità della Papa Giovanni da oltre 10 anni.

Giorgio Pieri, responsabile della Casa Madre del Perdono e coordinatore dell’evento, spiega: “Sono almeno 10.000 i posti che sarebbero da subito disponibili per l’accoglienza di detenuti, solo da parte delle associazioni della cordata per la “Certezza del Recupero”. Se venisse riconosciuta una retta di 40 euro al giorno a testa dallo Stato, (in carcere il costo è di 200 euro) in un solo anno avremmo un risparmio di 500 milioni rispetto alle strutture carcerarie, con un’importante ricaduta sociale: noi abbiamo visto che solo il 10% dei ragazzi in misure alternative ritorna a delinquere, contro il 70% del cammino penitenziario tradizionale”.

E’ il caso di Antonello Guadagni, che ha terminato di scontare la pena lavorando come casaro nell’Azienda Agricola di San Facondino a Saludecio: “Fare il “formaggio del perdono” per me è solo un’attività fisica; il mio vero lavoro è quello di cercare salvezza per la mia animuzza. Compenso come riesco, lavorando, i conti in sospeso con le persone e con la giustizia”.

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