Dalla seta, i primi biomateriali in 3D: compiono funzioni biologiche e cambiano colore

Logo Interris - Dalla seta, i primi biomateriali in 3D: compiono funzioni biologiche e cambiano colore

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: Dalla seta, i primi biomateriali in 3D: compiono funzioni biologiche e cambiano colore

Infinite possibilità di utilizzo, alcune impensabili fino a poco tempo fa: grazie a una combinazione particolarmente fortunata tra due elementi estremamente semplici, come l’acqua e le proteine della seta, sarebbe possibile realizzare materiali, o meglio “biomateriali”, estremamente resistenti e applicabili davvero a qualsiasi tipo di funzione. La ricerca portata avanti da un team della Tufts University del Massachussets, ha evidenziato come le particolari proprietà di questo materiale, possano essere impiegate per svolgere attività biologiche: attraverso un processo di sperimentazione, gli studiosi hanno così realizzato i primi biomateriali in 3D, in grado di modificare il proprio colore o di compiere azioni decisamente fuori del comune, come rilasciare farmaci o aiutare nella ricomposizione ossea.

L’analisi sulla composizione molecolare della seta, già in passato, ha permesso di individuare una struttura cristallina eccezionalmente resistente, possibile grazie a una particolare particella proteinica, la fibroina, la quale fornisce protezione ai composti restanti, al netto della contemporanea biodegradabilità. Una caratteristica unica, che ben predispone questo materiale al riutilizzo in determinati contesti, finora coincisi, ad esempio, con la realizzazione di spugne. Da qui, la decisione di tentare esperimenti diversi, cercando di produrre piccoli materiali in grado di svolgere compiti differenti e decisamente innovativi: “Il nuovo materiale – ha spiegato all’Ansa Fiorenzo Omenetto, uno dei coordinatori dell’indagine scientifica – si comporta come una plastica dura. Ma oltre a essere un solido, ha anche funzioni biologiche”.

Il primo esperimento condotto con successo, ha riguardato la creazione di alcune viti di fibroina le quali, se esposte a una determinata dose di calore (circa 160 gradi), sono capaci di rilasciare enzimi o, addirittura, dei farmaci, grazie ai quali potrebbero, potenzialmente, essere sfruttate per funzionalità ortopediche. Come spiegato ancora dal ricercatore, “abbiamo ottenuto delle viti che si riscaldano aggiungendo delle nanoparticelle d’oro e possono assorbire le radiazioni. Aggiungendo – progressivamente – dei fattori di crescita, si potranno avere delle viti ortopediche, capaci di aiutare la ricrescita delle ossa”.

Gli studi, tuttavia, stanno proseguendo, con l’obiettivo di ottenere materiali via via sempre più utili ed efficaci, sia in casa che nelle varie attività lavorative. Pure necessitando di ulteriori e complesse indagini, gli scienziati lasciano aperte numerose porte sul futuro. Altri risultati, infatti, sono già stati ottenuti realizzando, ad esempio, delle pinze chirurgiche, in grado di mutare il loro colore in prossimità dell’esaurimento del loro limite meccanico mentre, più avanti, si prospettano “ibridi” funzionali come gli attrezzi da lavoro: “La possibilità di inserire degli elementi, di controllare il loro auto-assemblaggio e modificarne la forma finale – ha concluso Omenetto -, offre delle grandi opportunità per realizzare biomateriali multifunzione”.

 

redazione: