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CURA PAZIENTI PER 24 ANNI, MA NON ERA LAUREATO

Due milioni di euro da restituire allo Stato per stipendi percepiti illecitamente. Un maxi rimborso che già di per sé sarebbe una notizia. Ma c’è di più, molto di più. I soldi sono calcolati per indebito arricchimento dovuto a 24 anni di lavoro effettuato irregolarmente; ma non un lavoro qualsiasi. Stiamo infatti parlando di un medico, in ospedale, una carriera fatta all’ombra di documenti falsi e attestazioni taroccate. Ventiquattro anni di analisi, visite, dialogo con i pazienti… Peccato che quello con cui si interfacciavano i malati del dottore aveva solo il camice bianco.

Siamo nel Terzo Millennio, ma ciò che accade nella realtà non ha nulla da invidiare alla finzione comica di Totò allorché “vendeva” la Fontana di Trevi ad ingenui e facoltosi turisti americani. Solo che stavolta non c’è nulla da ridere, perché al di là del presunto medico che ha architettato il raggiro, il vero problema che lascia sconcertati e preoccupati è come sia stato possibile permettergli di esercitare per così tanti anni, addirittura facendogli fare carriera, prima che qualcuno si accorgesse del misfatto.

Eppure è tutto scritto, nero su bianco. Prima dalla magistratura ordinaria e poi la Corte dei Conti, sentenza 107/2015 depositata il 22 giugno scorso, nella quale condanna il truffatore con laurea finta a risarcire la U.L.S.S n.5 Ovest Vicentino della cifra di 2.113.606,06 euro, per la precisione.

 Entriamo nel fatto. I giudici veneti hanno contestato al dirigente responsabile del laboratorio presso l’Ospedale di Valdagno – ora licenziato – di “aver esercitato indebitamente la professione di medico per ventiquattro anni, senza essere né laureato, né conseguentemente abilitato e iscritto presso l’Ordine dei Medici di Vicenza, avendo  contraffatto il diploma di laurea, il titolo di abilitazione professionale e l’iscrizione all’Ordine dei Medici”.

 Una serie di documenti prodotti, insieme al curriculum (inventato anch’esso), più volte nel corso degli anni, non solo per la prima assunzione ma anche per ogni passaggio di carriera. Per anni a nessuno è venuto lo scrupolo di controllare se quei documenti fossero veri. Uno schiaffo al pur minimo concetto di diligenza del “buon padre di famiglia”.

E qui si apre il grande dibattito sulla burocrazia italiana, di quanto sia inefficace nella sua farraginosità. Carte bollate, fotocopie, timbri e controtimbri per attestare… il nulla. Un’efficace interconnessione di “banche dati” potrebbe permettere di controllare il curriculum di un professionista direttamente in formato digitale con i link indirizzati alle banche dati originali di Università, Uffici pubblici, Ospedali.

Invece rimaniamo abbarbicati alla carta- soluzione peraltro poco ecologica – per avere un illusorio controllo di ciò che è lecito o meno. Col risultato che nessuno verifica quelle montagne di scartoffie, e capita così che addirittura per 24 anni ci si può permettere di lasciare la salute di migliaia di pazienti in mano a un millantatore.

Ora l’azienda sanitaria chiede indietro al finto medico i soldi degli stipendi elargiti senza titolo. Ma chi risarcirà tutte quelle persone che in buona fede sono andate a farsi curare da lui, proprio dentro l’ospedale?

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