Venere, pianeta gemello. Dimensioni analoghe a quelle della Terra, stessa posizione favorevole (in relazione al Sole) per lo sviluppo della vita. Due mondi apparentemente identici con un’unica, sostanziale, differenza: mentre il nostro pianeta ha mantenuto nei millenni le condizioni necessarie per i processi biologici, Venere le ha irrimediabilmente perdute. Sul come questo possa essere avvenuto gli scienziati s’interrogano da decenni. Fatto sta che il secondo corpo celeste del sistema solare è diventato un ambiente ostile, inabitabile. Un mondo infernale, caldissimo (addirittura più di Mercurio che pure si trova più vicino alla nostra stella), con un’atmosfera venefica dovuta alla grande presenza di anidride carbonica e alle frequenti piogge di acido solforico. Da eoni Venere convive, infatti, con un terribile effetto serra che mantiene la temperatura costante, impedendo la dispersione di calore.
L’allarme di Hawking
Un destino che, per effetto dell’operato dell’uomo, un domani potrebbe riguardare anche la Terra. Ne è convinto il noto astrofisico Stephen Hawking, che – criticando il ritiro degli Stati Uniti dal Cop21 di Parigi voluto da Donald Trump – ha sentenziato: “Siamo vicini al punto di non ritorno in cui il riscaldamento globale diventerà un processo irreversibile. La scelta di Trump potrebbe spingere la Terra oltre questo margine e farla diventare come Venere con temperature di 250 gradi e piogge di acido solforico”. Per lo studioso del cosmo, intervistato dalla Bbc, “il cambiamento climatico è uno dei più grandi pericoli che dobbiamo affrontare e se vogliamo fermarlo dobbiamo farlo ora. Negando le prove dell’esistenza del cambiamento climatico e ritirando gli Usa dall’accordo di Parigi Trump causerà danni ambientali evitabili al nostro magnifico pianeta, mettendo in pericolo la natura per noi ed i nostri figli“.
Le minacce
In effetti quello di un effetto serra irreversibile è uno degli scenari cui gli studiosi più spesso fanno riferimento quando viene loro chiesto di ipotizzare in quale modo il mondo che conosciamo (almeno dal punto di vista della vita) cesserà di esistere. Ma non è il solo. Oltre a quelli derivanti dall’opera dell’uomo, infatti, nei prossimi secoli potrebbero verificarsi cataclismi naturali tali da pregiudicare la nostra esistenza sulla Terra.
Asteroide killer
Recentemente la Nasa ha scoperto vicino al nostro pianeta 97 oggetti di cui si ignorava l’esistenza. Ben 10 di questo elenco sono stati definiti “Potentially Hazardous Objects” (Pho), cioè potenzialmente pericolosi. La loro grandezza è tale che un eventuale impatto col suolo terrestre o con gli oceani rischierebbe di farci fare la fine dei dinosauri. Le condizioni in cui ci troveremmo dopo l’esplosione sarebbero quelle di un inverno nucleare, con le polveri sollevate che impedirebbero ai raggi solari di raggiungerci. I primi a morire sarebbero i vegetali, poi gli erbivori, i carnivori e, infine, l’uomo. L’agenzia spaziale Usa, dopo aver diffuso la notizia, ha però invitato alla calma: la caduta si uno di questi meteoriti killer nei prossimi 100 anni è giudicata come “improbabile“, mentre sarà “inevitabile” in un periodo più lungo. Nel frattempo potremmo però aver messo a punto dei sistemi avanzati per difenderci. La Nasa in particolare sta sviluppando dei satelliti “kamikaze” (chiamati Dart) che, in caso di pericolo, verrebbero lanciati a tutta velocità contro gli asteroidi in rotta di collisione con la Terra con l’obiettivo di cambiarne la traiettoria, impedendo così l’apocalisse.
Il gigante addormentato
Scenario simile a quello scatenato da un asteroide killer potrebbe verificarsi laddove si risvegliasse il vulcano di Yellowstone. Sepolto sotto il grande parco naturalistico americano si estende per oltre 90 km e raggiunge una profondità di circa 14 km. Erutta mediamente ogni 700 mila anni e l’ultimo fenomeno è avvenuto 640 mila anni fa. Questo significa che il gigante addormentato dovrebbe lasciarci in pace per almeno 60 mila anni. Eppure negli ultimi giorni gli istituti di vulcanologia americani hanno registrato in zona uno sciame sismico da 878 scosse, tali da generare allarme nella popolazione. Gli esperti sostengono tuttavia che episodi simili (anche più potenti) si sono già verificati nel 2002, nel 2004, nel 2006, nel 2008 e nel 2010. Nessun risveglio imminente, dunque. Ed è un bene, perché se l’ultima eruzione generò una quantità di polveri tali da oscurare il cielo del Nord America, la prossima potrebbe avere “conseguenze devastanti che colpirebbero il mondo intero” e “influenzerebbe le sorti del clima“.
Il raggio della morte
Si scrive Wr 104 ma si legge “bomba a orologeria“. Si tratta di una stella gigante (circa venti volte il sole) posizionata nella costellazione del Sagittario, a 8 mila anni luce da noi. Una distanza che può sembrarci siderale ma che in realtà non sarebbe sufficiente a proteggerci nel momento in cui l’astro deciderà di esplodere. La conseguente supernova produrrà un potentissimo raggio gamma, cioè una serie di radiazioni elettromagnetiche ad altissima energia che possono durare da pochi millisecondi a decine di minuti. L’effetto ottico sarà stupefacente (in cielo per pochi istanti sarà possibile osservare un altro sole) mentre quello effettivo terrificante. Secondo alcuni studi un lampo gamma che dovesse investire la Terra da quella distanza spazzerebbe via circa il 25% dell’atmosfera, con conseguenze catastrofiche sulla vita. Alcuni scienziati sostengono che l’estinzione di massa dell’Ordoviciano-Siluriano (450 milioni di anni fa) che fece scomparire l’85% della vita sul nostro pianeta sia stata provocata proprio da una di queste scariche. Il problema delle supernovae è che non possono essere previste con precisione. E c’è di più: considerato il tempo che impiega la luce a raggiungerci da quella distanza è possibile (anche se improbabile) che tale esplosione sia già avvenuta.
Ipotesi remote
Sinora abbiamo analizzato le ipotesi più plausibili di una fine anticipata del mondo. Ma ce ne sono altre, sia pur remotissime, che gli astrofici hanno teorizzato. Come quella che deriverebbe dall’impatto con un pianeta interstellare, cioè un corpo celeste, simile a quelli che orbitano attorno a una stella, destinato a vagare per l’eternità. Secondo gli studiosi le collisioni fra mondi si sono già verificate. Una delle teorie più suggestive sostiene, ad esempio, che la Luna sarebbe stata originata dai detriti generati dallo scontro fra la Terra e un pianeta simile a Marte. In caso di collisione con un corpo celeste abbastanza grande, fra l’altro, potrebbe essere il nostro stesso mondo a trasformarsi in ramingo.
L’ipotesi più probabile
La fisica non si è spinta ancora così oltre da permetterci di capire come e quando per il nostro pianeta scoccherà l’ultima ora. Il fato estremo più probabile sarà l’assorbimento da parte del Sole fra circa 5-7,5 miliardi di anni, dopo che la stella sarà entrata nella fase di gigante rossa e si sarà espansa fino ad incrociare l’orbita.