La colpa è dei giornalisti ed un po’ dei magistrati. Ma certamente la colpa è dei giornalisti. Non hanno il senso del tempo e hanno spinto questa collettività a non confidare in pieno nei propri giudici. E questo clima ha portato ad un sospetto per la Magistratura che ha prodotto molti frutti amari, ultimo tra tutti quello della legge sulla responsabilità civile. E ciò è ovvio se si sbagliano sistematicamente i tempi delle interviste e delle pubblicazioni delle affermazioni che evidenziano le sensazioni che corrono nella politica sul sistema giustizia.
Perché solo chi percepisce in modo confuso e superficiale le parole dei governanti può avere la sensazione che questi non diano credito al lavoro di pubblici ministeri e giudici. Se, invece, si vanno a leggere le dichiarazioni dei singoli uomini politici si vedrà che la fiducia nella magistratura è piena. Una semplice ricerca attraverso lo strumento informatico, infatti, sulla espressione “ho fiducia nel lavoro della Magistratura” porterà ad un numero incredibile di affermazioni in tal senso pronunziate dai nostri politici. Affermazioni di fatto univoche.
Queste dichiarazioni sono sistematicamente rese non appena sia giunta, a chi ci governa, la informazione di esser sottoposti a procedimento penale. Questa fiducia si esplicita proprio in quel particolare momento, neanche un secondo prima, affermazioni programmabili al secondo, una fiducia che la collettività non aveva mai in precedenza percepito che il proprio rappresentante potesse avere se non fosse stato indagato. E qui la colpa dei giornalisti: quella della mancanza di tempismo nel trovare il momento giusto per scavare a fondo nell’anima del politico, quello di aver dato credito alle parole ed ai comportamenti di questi tenuti prima che si fosse ipotizzata la necessità di una indagine che chiarisse la trasparenza dei comportamenti.
Questo humus culturale, direi sociale, è la vera causa che ha creato le condizioni di modifiche normative come quelle sulla responsabilità civile dei giudici, che, ove le reali sensibilità della classe dirigente che ci governa fossero state ben esplicitate con le espresse e quotidiane affermazioni di fiducia che giungono in perfetta contemporaneità con gli avvisi di garanzia, mai avrebbero avuto luce.
Norme che inducono a pensare che i magistrati siano superficialmente avvezzi all’errore e disinteressati alle conseguenze di questi non sono frutto , quindi,di una scelta politica precisa, ma della necessità di raggiungere un obbiettivo cui pretendevano si pervenisse i governati, e non i governanti. Se questi fossero stati ascoltati al tempo giusti, quando, nel momento di massima pressione personale proclamavano la stima per i propri giudici, probabilmente oggi la Magistratura tutta godrebbe di un maggiore considerazione nel Paese.
Ma, se c’è una consequenzialità in quanto ho scritto, le vere colpe sono solo dei giornalisti che hanno sbagliato i tempi, dei magistrati che sono arrivati tardi, dei cittadini che non hanno saputo comprendere le reali sensibilità della politica che li governa. Ed ora provate a digitare “sono sereno…”
Paolo Auriemma
Magistrato